martedì 29 dicembre 2009

Sorella Chiara

Chiara nasce ad Assisi il 18 luglio del 1193 secondo Fra Mariano da Firenze, il 20 Febbraio secondo un codice germanico del 14 secolo, da Ortolana e da Messer Favarone di Offreduccio, appartenenti ad una delle piu nobili, potenti e ricche famiglie della città.


Chiara,''luce che piu chiaramente farà risplendere il mondo'': queste parole ode la madre mentre prega in ginocchio davanti un crocifisso nei giorni che precedono il parto; parole che scolpisce nel suo cuore e che non dimenticherà più, parole per le quali alla fonte battesimale viene imposto alla neonata il nome di Chiara.

Ortolana, oltre che nobile e ricca, è caritatevole e pia, intraprende con devozione e coraggio grandi pellegrinaggi, è l'angelo dei bisognosi. Crescendo alla sua scuola Chiara impara presto a pregare, a ripetere da sola le preghiere e, non avendo quelle ''filze di grani''che a quel tempo prendevano il posto degli attuali rosari conta i ''Pater noster'' servendosi di un mucchietto di sassolini; impara ancor piu dalla testimonianza cristiana che la caritatevole Ortolana da quotidianamente e acquisisce una particolare sensibilità verso i poveri e gli infelici.

Conquistata dagli ideali di Francesco d'Assisi, Chiara decide a 18 anni di seguirlo rinunciando a tutto nell'assoluta poverta per amore di Cristo. La via di Francesco sara anche la via di Chiara. La sua ''conversione'' (è questo il termine che Santa Chiara usò per indicare il momento in cui lascio il mondo per seguire Cristo) avviene la domenica delle palme del 1211, il 28 marzo, mentre partecipa nella cattedrale di San Ruffino con un gruppo di giovani donne della nobiltà Assisiana alla cerimonia della distribuzione delle palme e dell ulivo.


Quando giunge il momento per il suo gruppo di avvicinarsi all'altare per prendere la palma, una per volta le compagne si avviano ma Chiara è assorta in preghiera, non si muove : come la cosa piu naturale del mondo, il vescovo Guido scende i gradini dell altare, si avvicina a Chiara e le porge la sua palma. La fanciulla in preghiera ha appena terminato di dire dentro di se : ''sono venuta apposta per quest'ora, padre, glorifica il Tuo nome!''.

Sta per compiersi il grande passo, nel cuore della notte Chiara si dirige verso una porta secondaria della casa, sbarrata con grosse travi e una colonna di pietra. Un imprevisto grande ostacolo, ma non si scoraggia, le da forza il pensiero che è giunta l'ora di incamminarsi verso la libertà suprema, quella di mettersi al completo servizio di Dio.

Così determinata, Chiara riesce con le sue mani a liberare la porta sbarrata, lascia la casa paterna e nell'oscurità si affretta verso Santa Maria della Porziuncola, dove Francesco con i frati vegliano in preghiera e la accolgono con torce accese. "Io cerco solo Dio", dice Francesco, deponendo ogni ornamento e prostrata dinanzi all'altare della Vergine Maria pronuncia il suo "Si" che vale per tutta la vita e si consacra a Dio per le mani di Francesco, che le taglia i biondi capelli e la riveste del saio francescano, di quell'abito col quale si rinchiuderà poi per sempre in San Damiano.

Così Chiara da inizio al Secondo Ordine Francescano delle Sorelle Povere, in seguito chiamato delle Clarisse dalla sua fondatrice. Poi Francesco la conduce al riparo del Monastero Benedettino di San Paolo di Bastia, non lontano da Assisi, e la inizia la sua vita religiosa.

Successivamente viene condotta nel monastero di Sant'Angelo di Panzo, dove Chiara ha la gioia di riabbracciare la tanto amata sorella Agnese, per la quale ha supplicato più volte il Signore di volerla chiamare alla sua stessa strada. E Agnese sarà la prima sua seguace a seguirla nella povertà di Cristo. Alcuni giorni dopo Francesco riveste anche lei nell'abito di Minoritico, consacrandola per sempre al Signore.

Dì li a pochi giorni il piccolo monastero di San Damiano, fuori dalle mura di Assisi, accoglie Chiara ed Agnese seguite da Pacifica amica d'infanzia e da Benvenuta da Perugia, più tardi da Balvina e Filippa. La stessa mamma Ortolana segue Chiara nella dimora Claustrale. Rapidamente la fama della santità di Chiara si diffonde per le contrade e da molte parti accorrono Vergini donne per seguire il suo esempio.

Chiara e le Sorelle Povere di San Damiano, abbracciando con linearità assoluta il mistero di Cristo povero e crocifisso, vivranno nella "povertà altissima" che Chiara difenderà strenuamente fino alla fine della sua vita, ma nella fruizione della "segreta dolcezza che Dio ha riservato fin dall'inizio a coloro che lo amano".

Costretta da San Francesco e dal vescovo di Assisi ad accettare l'incarico di abadessa, Chiara riserva per se le incombenze più umili della comunità, e non è raro che lavi i piedi alle sorelle imprimendovi un bacio. Chiara preferisce insegnare con i fatti piuttosto che con le parole, consapevole che l'esempio trascina più del discorso; si sottopone a mortificazioni, penitenze, digiuni e intensa preghiera nel silenzio e nel nascondimento, per camminare nei passi del suo Sposo, Cristo povero e crocifisso.

Amore ricambiato : quando Chiara traccia il segno della croce sui malati, allontana prodigiosamente da loro le malattie, o quando in monastero c'è un solo pane e comanda alla dispensiera di dividerlo in due parti e mandarne una parte ai frati e dall'altra tagliarne cinquanta fette, per grazia divina quel poco pane cresce nelle mane di colei che lo spezza, risultando abbondante per ciascun membro della comunità. Oppure quando i saraceni irrompono nel monastero fin dentro il chiostro e Chiara sofferente si fa condurre di fronte ai nemici stringendo fra le mani la cassettina contenente il Santissimo Sacramento e, prostrata in adorazione, supplica il Signore di proteggere le monache indifese, una voce di bambino proveniente dalla teca eucaristica risuona soave: "io vi custodirò e difenderò sempre" e lorda dai saraceni arretra e si ritira senza causare alcun danno.

Tre grandi amori Chiara vive profondamente e trasmette alle sorelle : l'amore per il Bambino di Betlemme, avvolto in poveri pannicelli, che la rende degna di assistere alla sua nascita in un'estasi gioiosa, l'amore per il crocifisso che le permette di partecipare alla sofferenza di Cristo, l'amore per l'Eucarestia che la colma di profonda riverenza e di tremore vero il Santissimo Sacramento del Corpo del nostro Signore.

Quante calde lacrime per il Signore del cielo e della terra, per il Re degli Angeli che fu deposto in una mangiatoia avvolto in poveri pannicelli, e per amore del quale esortava le sorelle a vestirsi sempre di "indumenti vili". Il Natale di Gesù la riempie ogni volta di stupore e di tenerezza.

E' la notte di Natale del 1252, Chiara giace inferma nel dormitorio ormai da ventisette anni, le sue sorelle sono scese in chiesa a recitare il Mattutino, prima della messa di mezzanotte. Vorrebbe essere con loro a celebrare il Bambino : il silenzio della notte non porta alcun eco nel dormitorio vuoto e freddo e Chiara sospira " tu nasci Signore, e mi hai lasciato qui sola". Ma ecco, dalla lontana chiesa di San Francesco udire il canto dei frati che salmeggiano e il suono dell'organo che li accompagna.


Chiara ode e vede l'aria piena di luci, di cori. Ecco, è nato! nella mangiatoia c'è un Bambino, fasciato di luce, è nato il Signore! Quando dopo la messa le monache vanno a trovarla nella notte santa, Chiara le accoglie dicendo: "Benedetto il Signore Gesù, il quale se mi avete abbandonato voi, non mi ha abbandonata! ho proprio udito per grazia di Cristo tutte quelle cerimonie che nella chiesa di San Francesco sono state celebrate questa notte e ho visto il presepe del Signore".

Con grande costanza inculca l'umiltà e la povertà serafica nelle sue sorelle e gli ultimi anni della sua vita li spende sopratutto in difesa dell'assoluta povertà. La sua costanza viene premiata il 9 agosto del 1253, giorno in cui papa Innocenzo IV approva la Regola col privilegio di povertà e il giorno dopo la fa recare da un frate alla Santa morente, che la riceve commossa e con grande devozione, baciandola.

Così, dopo 28 anni di letto fra atroci sofferenze fisiche, a 42 anni dall'ingresso nella vita religiosa, Chiara è ora pronta all'incontro con lo Sposo amato. Dopo aver consolato e benedetto le sue numerose sorelle, rivolge alla propria anima queste parole: " Và sicura, perchè hai buona scorta nel viaggio. Và, perchè Colui che ti ha creata, ti ha santificata, e sempre guardandoti come una madre guarda suo figlio, ti ha amata con tenero amore. E Tu, Signore, sii benedetto!".

E' l'11 agosto del 1253, festa di San Rufino patrono di Assisi : Chiara muore come muoiono i bimbi, come muoiono i fiori, non sciupandosi, serbando fino all'ultimo la loro purezza d' incontaminati, muore felice per vivere in Colui che ha amato senza limitazioni.


Dopo soli due anni dalla morte, Chiara viene canonizzata da Papa Alessandro IV. E' scitto nel Vangelo che il primo e il massimo comandamento è l'Amore. Questo è il comandamento di Gesù. Chiara d' Assisi visse e insegnò alle sue figlie e al mondo questo supremo mandato, comprovando che tale e non altro è il modo di cercare e di trovare quella gioia che Gesù da in pienezza e che nessuno potra mai togliere ed è perfetta letizia. Ho voluto parlarvi della vita di Santa Chiara, prima di dedicarmi agli aspetti storici e artistici, in quanto questo monastero di Clarisse, di cui vi parlerò nel prossimo articolo,che si trova ad Oristano, secondo alcuni storici è il piu antico sorto in Sardegna.

Poichè con estrema religiosità e con una predisposizione d'animo intrisa di quella suggestione che trasmettono anni di preghiera all interno di quelle mura che ci si deve accingere a visitarlo.
Dedico questo post con immenso affetto ad Angelo.

sabato 28 novembre 2009

Nella miniera abbandonata

Gurturgiu è una delle tante parole che possono apparire strane agli orecchi dei turisti. Ma è proprio dal nome di questo avvoltoio grifone ormai estinto ( un tempo popolava i cieli sopra l'Arcuentu, vicino ad Arbus) che ne deriva un'altro: Ingurtosu.

Ingurtosu è una piccola frazione di Arbus, un tempo sede, insieme a Montevecchio, delle più importanti miniere sarde, dalle quali si estraevano piombo, zinco e argento. Dell'intensa attività di questo luogo, oggi rimane solo il villaggio fantasma, un deserto di edifici diroccati di una bellezza sconfinata.

La miniera venne aperta nella seconda meta dell'800 e conobbe un periodo di forte espansione agli inizi del secolo successivo. La crisi del 1943,e il conseguente licenziamento di molti operai, fu un colpo decisivo per l'esistenza della struttura che riprese l'attività nel dopoguerra, continuò a sopravvivere fino al 1968, quando venne definitivamente abbandonata.

La zona più interessante da visitare è certamente quella delle miniere. Uno degli edifici più belli è certamente il palazzo della Direzione, detto anche castello. Costruito con massi di granito in un periodo di ben 10 anni, intorno al 1870 richiese l'impiego dei piu esperti scalpellini dell'arburese.

Il palazzo ospitava l'antica sede dirigenziale che conteneva gli uffici amministrativi e tecnici della miniera. Grazie alla sua posizione strategica, questa struttura consentiva ai dirigenti di osservare dall'alto il procedere dei lavori più sotto, nella zona della miniera. Circa 30 anni dopo si cominciò a costruire su spinta di Papa Pio X, che offrì un contributo in denaro, la chiesa di Santa Barbara che venne inaugurata nel 1916 e che deve il suo nome alla Santa protettrice dei minatori.

Nel 1900 fu costruito nei pressi della laveria, il pozzo Lambert,chiamato così in onore del Cavalier Angelo Lambert, membro della società. Poco più vecchi sono il pozzo Turbina, il pozzo Casargiu, il pozzo Giordano e il pozzo Edoardo.

Vicino al pozzo Turbina fu scavato nel 1924  per raggiungere profondità maggiori il pozzo Gal, oggi recuperato dal comune di Arbus che nel cantiere ha allestito un museo multimediale e un punto ristoro. I magazzini della spiaggia di Piscinas sono invece stati restaurati da un privato per divenire un albergo a basso impatto ambientale.


Non esiste descrizione in grado di rendere la bellezza di quel che resta di Ingurtosu. La prima volta che ho visto l'antico villaggio abbandonato (per caso) ero alla ricerca del deserto di Piscinas, dove un mare cristallino sembra sfidare il tempo opponendo resistenza a quello che fu un tempo, luogo di vita vissuta, di duro lavoro e di vita quotidiana. Oggi quel luogo è stato decretato monumento straordinario, per questa strana materia, affascinante come poche altre discipline di nuova concezione, che prende il nome di Archeologia Industriale.

lunedì 23 novembre 2009

Tra sacro e profano

Un tempo l'isoletta della "Sella del Diavolo" che si trova nel golfo di Cagliari, non esisteva ancora. C'era solo una bellissima spiaggia di dune, ed un mare meraviglioso. Avvenne che l'esercito dei confratelli dei Diavoli guidati da Zuri, uno de Sosfrades, decidesse di vendicarsi di Eusuprimusonendi, distruggendo la terra che aveva dato ad Issu e alla sua compagna Issa per l'esilio.


Questi demoni si stabilirono in quel bellissimo golfo da dove cominciarono a soggiogare i figli degli uomini. In poco tempo una cappa di mestizie cadde fra le popolazioni della terra. Ma Gabrieli, l'arcangelo Gabriele, visto ciò che stava accadendo alle creature di Eu, decise che sarebbe sceso a combattere le orde del male.

Così radunò un potente esercito di Angeli e cominciò una battaglia che infiammò i cieli e la terra dell'isola a forma di sandalo. Fu una battaglia epica, cavalli e cavalieri si sfidarono nei cieli illuminando la notte. Ad un certo punto Zuri si ritrovò addosso a Gabrieli. Fu una sfida che lasciò senza fiato ogni creatura. Erano due frades, due fratelli, avevano cantato insieme il canto a concordu e Zuri che era stato il solista ne era stato cacciato. Ed ora i due si sfidavano.

Le loro spade scintillarono, i loro cavalli nitrirono selvaggi...poi avenne che Zuri, il vanitoso, si specchiò nella lama scintillante di Gabrieli e si trovò bello. Quell'attimo però, gli fu fatale, perchè fu colpito senza pietà.

Cadde Zuri disarcionato dal suo cavallo, che perse la sua sella precipitata in mare. Le orde di Zuri furono sconfitte e Zuri non tornò mai più nella terra a forma di sandalo, dichiarata divina dall'angelo. Quella sella fu consegnata agli uomini dell'isola come simbolo della vittoria dei guerrieri di Eu su quelli di Zuri, ed è ancora lì a simboleggiare la grande vittoria del bene sul male.

Il martirio di Sant'Efisio


Nei pressi dell'antica Nora, si trova la chiesa dedicata al Santo protettore della città di CagliariEfisio. Consacrata nell undicesimo secolo ogni anno ai primi di maggio è meta di una lunghissima processione di fedeli.La tradizionale sagra di Sant'Efisio trae le sue origini da un'antica pestilenza che, nel 1652, dimezzò la popolazione cagliaritana. 

Gli abitanti di Cagliari, mossi dalla disperazione per le perdite consistenti, fecero un voto al Santo Efisio di Elia, martire decapitato nella città di Nora intorno al trecento, per essersi rifiutato di rinnegare la propria fede Cristiana.


La leggenda narra che Efisio, ufficiale romano e capo dell esercito di Diocleziano fu mandato in Sardegna proprio per reprimere il cristianesimo, ma convertitosi in seguito ad una visione divenne egli stesso da persecutore a perseguitato. Fu condannato a morte, incarcerato e quindi decapitato nella spiaggia di Nora.


La chiesa di Nora,che venne costruita in suo onore, è oggi coperta dalle acque del mare. I cittadini cagliaritani si rivolsero quindi al loro santo affinchè intercedesse per la fine della terribile epidemia,e fecero voto di portare in processione, ogni anno, il suo simulacro.
Quando la peste cessò dopo quattro anni, nella primavera del 1656, i superstiti pensarono che fosse per merito del Santo e tennero fede alla loro promessa. Cosi il rito si è ripetuto nel tempo fino ai giorni nostri. 



Come altri casi anche questa manifestazione da evento sacro, si è estesa a grande festa di costume.Il percorso parte dalla chiesa di Sant'Efisio di Cagliari, l'antico luogo in cui il Santo trascorse la prigionia, per giungere all'omonima chiesa di Nora, dove ha avuto luogo il martirio. Il viaggio dura quattro giorni, durante i quali si può ammirare una passerella di  tradizioni isolane : i carri trainati da buoi, i gruppi con l abito folkloristico che intonano canti e preghiere sarde, gli scalzi pescatori di Cabras.


Si parte il primo di Maggio, il Santo viene portato fuori a mezzogiorno, trainato da buoi maestosi. Una volta raggiunto il municipio riceve il saluto delle sirene delle navi, dopodichè è pronto per il lungo viaggio. Nel percorso fino a Nora si toccano diversi paesi, tra i quali : SarrochVilla San PietroPula, ognuno dei quali fa la sua parte ospitando  una piccola ''sagra nella sagra''. Si arriva all'ultima tappa il quattro Maggio, quando per il Santo è giunta l'ora di rientrare nella dimora che lo ospiterà per i successivi 361 giorni. La sagra di Sant'Efisio non è una semplice festa ma un arcobaleno di tradizioni Sarde

sabato 21 novembre 2009

Mater Mediterranea

Ora vorrei invitarvi a visitare il museo archeologico nazionale di Cagliari, tra i più importanti dell'isola. Dal 1993 è situato nella cittadella dei musei, in piazza arsenale, qui infatti sono conservati reperti che vanno dalla preistoria al primo medioevo, passando per la tarda epoca romana.


Possiede un'importante sezione riservata al neolitico medio. Oggi vi parlerò della più bella dea madre che sia mai stata ritrovata in sardegna : quella di Senorbì, un piccolo idolo del periodo prenuragico che rappresenta la più importante divinità femminile. 


Detta anche mater mediterranea, in quanto venerata da altri popoli che si affacciano sulle coste di questo mare da sempre trafficato, fu portata alla luce, dall'aratro di un contadino, tra le terre di Selegas e Senorbì.

Nascosta da un grosso masso di arenaria, era nascosta a circa un metro di profondità. Fu abbandonata su un muretto a secco che circondava la casa e il cortile del contadino, fu Massimo Coraddu, medico del paese che passando da quelle parti notò l'oggetto, e capendone il valore se lo fece consegnare.

Venne dato in mano ad esperti in materia di archeologia, i quali lo catalogarono come uno dei pezzi di maggior pregio archeologico tra quelli di area mediterranea. Quella di Senorbì, con i suoi quarantaquattro centimetri di lunghezza e i diciotto di larghezza, è la dea madre di dimensioni maggiori e meglio rifinita tra tutte quelle che sono state ritrovate fino ad oggi.

Figura femminile stilizzata, completamente nuda e dai grossi seni, si considera parte di una collezione di analoghe statuette di marmo rinvenute in area mediterranea e prodotte , si pensa, tra il terzo e il secondo secolo avanti Cristo.

Originaria delle isole Cicladi, che con il loro centro dell'isola di Creta rappresentavano una delle civiltà più sviluppate del Mediterraneo protostorico. La Dea Madre di Senorbì è la testimonianza tangibile dei rapporti che la Sardegna intratteneva, già dall'epoca, con altri popoli della zona.

Accantonando le questioni storiche, la mater Mediterranea di Senorbì è davvero incantevole a vedersi; come è giusto che appaia una madre.

mercoledì 4 novembre 2009

Nostra Signora di Bonaria


In una normalissima giornata di primavera, una nave mercantile si preparava a partire dal porto di Mahon, nell'isola di Minorca, in Spagna. Era diretta a Napoli. Era il 19 marzo e suo viaggio era adombrato solamente dalla possibilità di un'incontro con i temibili pirati barbareschi.

Arrivati in vista dalla costa orientale sarda, il cielo però, cominciò ad annuvolarsi, si avvicinava una tempesta : il mare cominciò ad agitarsi, aprendosi improvvisamente. Bisognava liberarsi dal carico o sarebbero andati a picco. Le preziose merci stipate nella stiva, vennero gettate in bocca alla tempesta che non sembrava dare tregua. La nave rischiava seriamente di affondare. In poco tempo tutte le casse vennero gettate in mare.

Mentre gli oggetti affondavano, sospinti negli abissi dal proprio peso, una cassa, galleggiando, si mosse quasi fosse spinta da una misteriosa corrente verso il golfo degli Angeli, in fondo al quale troneggiava la bellissima Caller. In quel momento la tempesta cessò con la stessa rapidità col quale era cominciata.

Fu allora che il capitano si inginocchiò, imitato dai suoi marinai segnandosi con il crocifisso. In coro innalzarono preghiere verso la Vergine Maria. Intanto la cassa proseguiva la sua misteriosa rotta e giunse a Caller la mattina del 25 marzo del 1370, nella spiaggietta di Bonaria (che oggi non esiste più poichè al suo posto è stato realizzando un porticciolo turistico).


Sopra una dolce colline adiacente, c'era un convento, regalato all'ordine dei padri Mercedari, fratti della Madonna della Mercede, dall'Infante Aragone, al tempo dell'assedio di Cagliari. Così avvenne che la mattina del 25 marzo, come risulta dal processo canonico istituito a Cagliari nel 1592, per iniziativa degli stessi padri Mercedari e del vescovo di Cagliari, una grande cassa miracolosamente illesa, si avvicinava alla riva navigando veloce, quasi avesse una vela invisibile che la guidava.

Gli sguardi silenziosi degli uomini la seguirono fino a quando si fermò a contatto con la sabbia. Qualcuno trovò una roncola e ci battè sopra, ma la cassa non si apriva e neppure veniva scalfita da quei colpi. Delle persone un'pò spaventate corsero a chiamare i padri Mercedari, che arrivarono subito senza capire cosa fosse successo. Quando arrivarono, i poveri si fecero da parte per far passare il superiore, il quale si fece consegnare la roncola e facilmente aprì la cassa. Con sua grande meraviglia potè vedere che dentro, sdraiata, c'era una meravigliosa statua di gesso di Maria, madre del Cristo.

Si fece il segno della croce inginocchiandosi : era un dono del cielo, anzi del mare. Il simulacro trovato nella spiaggia di Bonaria fu trasportato nella chiesa del convento e messa in una cappella minore, nell'attesa di capire il senso di questo segno nel cielo. La mattina dopo quando i padri si recarono a fare le lodi, si accorsero che la statua della Madonna di Bonaria era stata messa su un piedistallo accanto all'altare maggiore, mentre la statua di Nostra Signora della Mercede, che stava lì era stata spostata nella nicchia dell'altare minore.

La Madonna di Bonaria fu risistemata nell'altare minore e Nostra Signora della Mercede al suo posto. L'indomani mattina la Madonna di Bonaria era nuovamente al fianco dell'altare maggiore. Era quella la spiegazione del sogno. In poco tempo la Madonna di Bonaria diventò la patrona dei Cagliaritani e dei marinai di tutto il mondo, i quali se navigavano nelle acque del mar di Sardegna o dovevano intraprendere un pericoloso viaggio passavano a salutare la Vergine di Bonaria, chiedendole la grazia di un viaggio fortunato.


Quando Pedro Mendoza, nel 1537, scese dalla sua imbarcazione sul Rio della Plata dopo un lungo e tormentato viaggio nell'Atlantico, si ricordò della Vergine di Bonaria che gli aveva protetti più volte, e poichè era devoto a quella Madonna, festeggiata anche a Valencia, decise di dedicare a lei la città che doveva fondare. In questo modo nacque Buenos Aires dal nome della Madonna di Cagliari.

lunedì 26 ottobre 2009

I Murales di Orgosolo

Sei nel grembo del supramonte, nel luogo che fu dei banditi e che oggi è dei murales. Il primo comparve nel 1969, opera del gruppo anarchico milanese Dionisi.


Era il periodo della contestazione sociale che coinvolgeva l'intera nazione. Proprio in quell'anno le mura ancora nude del paese vennero impiastricciate dai manifesti militari che invitavano i pastori ad andarsene dai pascoli liberi di Pratobello.


Quelle terre si sarebbero dovute trasformare in un campo di addestramento militare. Arrivarono i soldati e trovarono la popolazione di Orgosolo pronta alla resistenza : una lotta pacifica fatta di assemblee, occupazione dei campi, cortei con manifesti di protesta. Proprio questi saranno l'embrione dei primi murales.

Negli anni 70, quando la vicenda di Pratobello si era ormai risolta, con la ritirata dei soldati un professore di educazione artistica, venì ad insegnare nella scuola media di Orgosolo. Fu sua l'idea di dipingere i muri delle case insieme ai propri alunni. Era il 1975, e quei muri cominciavano a bisbigliare sul serio. Oggi nel paese ci sono più di 300 opere e quei muri ci assordano di colori.

Le prime immagini nacquero come espressioni di denuncia sociale e politica, locale,nazionale e internazionale. Quasi sempre i dipinti sono accompagnati da testi, slogan o citazioni. E nei muri troverai parole di Emilio Lussu ai tempi della rivolta del 69:

" Quanto avviene a Pratobello  contro pastorizia e agricoltura è provocazione colonialista perciò mi sento solidale incondizionatamente con i pastori e i contadini di Orgosolo che non hanno capitolato".

E vedrai Antonio Gramsci, che ti incita alla riflessione. Leggerai un'aforisma di Camus:

" Beati quei popoli che non hanno bisogno di eroi";

E moti contro tutte le guerre, perchè non esistono  guerre giuste. Ma non mancheranno scene di vita quotidiana, vedrai Toro Lento, imponente e pacifico capo di Sioux, caduto nell'inganno dell'uomo bianco che

"ha portato un pezzo di carta e ha detto di firmare. quando abbiamo imparato l'inglese ci siamo accorti che con quel documento avevamo perso la terra".

Vedrai Fabrizio De Andrè che suona la chitarra seduto su un tronco d'albero riarso dagli incendi. E vedrai i volti dei politici corrotti. Vedrai l'Italia delle stragi e un'altro omaggio alla vittoria di Pratobello:

"invece dei trattori per arare arrivano carri armati e cannoni truppe da macello da addestrare".

Vedrai un'uomo stritolato da un serpente che si chiama capitalismo, con affianco uno slogan. Le figure rappresentate sembrano spesso venire dal tocco del pennello di Picasso.
Orgosolo è una camminata cubista tra esseri squadrati che, su sfondi tetri, luciccano di dolori : donne dai glutei cadenti e vecchi con le mani ossute.


Vedrai pastori che cercano di salvare le proprie greggi, vedrai Einstein metterci in guardia sui pericoli del nucleare. Vedrai la guerra della ex Yugoslavia. Vedrai una donna incatenata che brucia tra le fiamme  per ricordarci l'8 Marzo 1908, data in cui :

" In una fabbrica di New York 129 donne venivano rinchiuse dentro dal padrone e morivano in un'incendio".

Vedrai Che Guevara. Vedrai come si moriva di lavoro nelle miniere. Da quasi 40 anni i muri di Orgosolo raccontano la storia della Sardegna, dell'Italia e del mondo intero. Dovrete imbrattarvi gli occhi più che potete consapevoli di avere la fortuna di osservare dei muri chiacchieranti, i tuoi occhi non riposeranno finchè non avrete lasciato questo luogo sperduto nella barbagia intriso di ricordi, gente che ama la propria terra pronta a difenderla, col cuore e con la mente, con una disarmante intraprendenza verso istituzioni e cose più grandi di loro ma senza mai arrendersi con coraggio e dignità.


venerdì 23 ottobre 2009

Cheremule : La danza dei capovolti

Anche oggi vi accompagnerò in luoghi lontani, inconsueti e sconosciuti: nella piana di Torralba, qui campeggia la Reggia nuragica di Santu Antine, più in la si aprono le grandi domus de janas di Sant'Andrea Priu, di cui vi parlerò più avanti.

Una tomba molto grande conosciuta come Moseddu o Branca in cattive condizioni perchè priva dello strato di roccia che faceva da soffitto rimane però ai lati dell ingresso il motivo di maggiore interesse : una serie di incisioni che rappresentano esseri umani intenti a una danza o a una preghiera comune; ne manca il motivo del ''capovolto'', presente anche in altre tombe e sulle statue-menhir di Laconi : la rappresentazione dell'individuo rivolto verso gli inferi perchè defunto.


La strada si perde attraverso i campi sui quali si aprono altre celle che portano a un altra tomba molto più grande : una cameretta di tre metri per tre battezzata tomba della cava perchè tutto intorno sono evidenti i segni dell asportazione dei blocchi di roccia, a sinistra della porta compaiono delle incisioni che rappresentano altrettanti individui, una trentina, intenti forse a un'inumazione. Secondo l'archeologo Roberto Caprara risalgono all'alto medioevo.

Questa è una zona molto fertile ricca di acqua e vegetazione che fa ipotizzare a un sistema per la spremitura dell'uva e la lavorazione del mosto che contemplava anche l'uso delle primitive domus de janas ingegnosamente adattate.

martedì 20 ottobre 2009

Sardegna multicolore



La nostra bellissima isola è uno dei più grandi musei a cielo aperto del mondo. Una terra di pietre, di leggende e di misteri,dove la magia delle fate aleggia tra i nuraghe e i menhir, grotte in cui si rifugiavano i banditi, e ivi morivano e altre in cui partorivano i buoi marini.

Luccichio di stalagmiti, immense gole dove le vergini venivano sacrificate agli dei, dorate dune desertiche a un passo dal mare accompagnate da canyon mozzafiato. Città fantasma, come Gairo vecchia e minere abbandonate dove le streghe si nascondevano negli anfratti.

La Sardegna è il solo posto nel Mediterraneo dove si può vedere una Ziqquart, ma è anche l'isola dei vini corposi, dei liquori dolci ma anche della cucina capace di fondere sapori di terra e di mare. Chi sbarca nella nostra isola deve predisporsi ad un viaggio avventuroso nel Supramonte, o in cerca dell'Atene Sarda.

Indossare la maschera dei Mamuthone, o convincersi di essere nella  mitica Atlantide, fotografando  grotte zoomorfe tra le quali soffia nel nostro "Paese dei venti" come narra Grazia Deledda in un suo famoso libro, nelle cupe giornate d'inverno, o nelle assolate sere d'estate, che adornano il paesaggio.

Infinite realtà, universi paralleli collegati da porte magiche. Attraversandone una ci si può ritrovare su distese di sabbie bianche, davanti a un mare di smeraldi, superandone un'altra si possono trovare animali scolpiti nel granito dai venti. Si potrebbero incontrare veline succinte o "donne eterne" con un lungo abito nero. Centomila stupori incontrando una terra che si dovrebbe vedere almeno una volta nella vita.

giovedì 15 ottobre 2009

I fenicotteri rosa negli stagni di Cagliari


Anche i fenicotteri rosa si sono innamorati della Sardegna, tanto che agli inizi degli anni Novanta hanno iniziato a nidificare. Prima di questa data si limitavano a transitare sull'isola, prima di tornare a La Carmargue, nel sud della Francia.

Nel solo stagno del Molentargius, più di mille fenicotteri si sono fermati per riprodursi e nel giro di due anni la loro popolazione si è quadruplicata.

" Uccelli mai veduti, con le ali iridate, si sollevano dallo stagno, come sgorgassero dall'acqua, disegnando nel cielo una specie di arcobaleno: forse un miraggio".

Così li descrive Grazia Deledda attraverso gli occhi di Cosima. Presente in Europa, Africa e Asia, il Phoenicopterus Roseus, dalle lunghe ali eleganti, è un uccello di grande fascino. Vederlo praticamente in città, a Cagliari, è un'esperienza unica.

Piume bianche e rosa, con fiammate più intense di rosso vivo che si alternano nelle ali. Questi colori caratteristici iniziano però a presentarsi solo tra il terzo e il quarto anno di età. Prima, i giovani fenicotteri sono grigi e striati di bruno. La loro apertura alare si estende fino a 2 metri.

Uccelli longevi, in libertà vivono circa trent'anni, preferiscono le acque bassi degli stagni, meglio se salmastre,ma non disprezzano neppure quelle dolci. Mangiano crostacei, e alimenti ricchi carotenoidi, pigmenti di color rosso-arancio che pare dotino il fenicottero della sua particolare colorazione. Durante il periodo dell'accoppiamento, si può assistere a un loro rito piuttosto scenografico: una sorta di "parata nuziale" collettiva.

Ogni esemplare dopo aver reclinato il collo, fa roteare il capo varie volte, in perfetta sincronia con il resto del gruppo. Poi apre le ali per esibire il bel piumaggio, e chiude inclinando il collo in avanti, come una specie di inchino. Una vera e propria coreografia, i cui passi vengono apresi ed eseguiti da ogni componente del gruppo.


In Sardegna i luoghi maggiormente frequentati dai fenicotteri sono lo stagno di S.Gilla e lo stagno del Molentargius vicino al Poetto, che si estende lungo il golfo di cagliari fino alla città di Quartu Sant'Elena. Altro habitat naturale ideale per questi uccelli meravigliosi ed eleganti sono lo stagno di Notteri, a Villasimius e lo stagno di Cabras del quale vi parlerò più avanti riferendomi ad un'altro suo ospite "famoso". Dagli abitanti di questa zona i fenicotteri vengono definiti "genti arrubia" (gente rossa), un nome nobile, che connota umanamente un animale nobile.

martedì 13 ottobre 2009

La Grotta della Vipera

La Grotta della Vipera è un monumento funebre alla base del colle Tuvixeddu, altra testimonianza di epoca romana, scavato nella roccia tra il e il secolo dopo Cristo. Situato a Cagliari in Viale Sant'Avendrace, il monumento è legato a una romantica leggenda. 

Si dice che fu fatto scavare da Lucio Cassio Filippo, nobile romano salvato dalla malaria grazie al sacrificio di sua moglie, Atilia Pomptilla, che si offrì agli dei affinchè risparmiassero la vita del marito. L'addolorato coniuge volle ricordare così per sempre la sua amata, conservandone le spoglie in un tempio ricavato per lei nella roccia. 

Il nome Grotta della Vipera si deve alla presenza di due serpenti scolpiti nella

venerdì 9 ottobre 2009

Non Potho Reposare

Con questo post volevo condurvi attraverso un'altro aspetto che riguarda la nostra bellissima isola.......i suoi canti struggenti che fanno pensare ad un tempo sospeso veramente nel cosmo come recitano le parole di questa prima canzone...........la sua melodia si insinua come il vento attraverso lo spazio tempo, tra i nuraghi o le arcate megalitiche, le distese silenziose di fieno riarso dal sole della Giara di Gesturi, della quale vi parlerò più avanti.

Questa che vi sto  presentando è la più bella poesia cantata della nostra Sardegna, questo canto quando lo ascolto mi fa correre col pensiero e volare sopra i campi di asfodelo, descritti con meticolosità struggente anche nei libri della nostra scrittrice Grazia Deledda, sopra il profumo del

giovedì 8 ottobre 2009

Il Labirinto del Castello di Cagliari

Oggi vi parlerò delle vie del quartiere più bello di Cagliari. Il quartiere " Castello " il più bello della città, quello che sta più in alto a dominare ciò che circonda il suo colle di calcare, l'antica fortezza che da il nome a tutta la zona.

Ricco di storia e di arte quello di Castello è uno dei pezzi di urbanistica più belli di tutta l'isola,un'isola spesso accusata di non avere centri abitati degni degni delle sue impareggiabili scenografie naturali. Fondato dai pisani, il colle in cui si erge, fu costruito nel dodicesimo secolo, fortificato, dotato di mura e di bastioni.

Poco più di un secolo dopo vi si insediarono i conquistatori aragonesi che lo scelsero come sede del governo e ne decretarono il reale sviluppo. Al quartiere,ancora oggi, si accede attraversando le antiche porte medievali, poste nelle mura che parzialmente lo isolano dalla città esterna.


I monumenti più famosi di questo spazio cittadino, sono la Cattedrale,il Bastione di Saint Remy e le torri. Le due torri gemelle di San Pancrazio e dell'Elefante, erette dall'architetto Giovanni Capula rispetivamente nel 1305 e nel 1307, sono di certo le più famose nonchè le uniche ancora visitabili.

La prima, collocata sulla destra, prende il nome della vicina chiesetta di San Pancrazio. Si trova nel punto più alto della collina, la dove era possibile sorvegliare l'intera città antica. La seconda, posta sulla sinistra, prende il nome della statua dell'Elefante che simboleggiava, la robustezza.

Nate come postazione di vedetta durante la dominazione spagnola, vengono trasformate in prigioni e stanze di tortura. Nella piazzetta vicino alla torre dell'Elefante venivano eseguite le condanne a morte , e si dice che il rumore del vento, in certe notte irrequiete, altro non sia che il lamento delle anime dei giustiziati.

Una terza torre, praticamente identica alle prime due, dominava il lato sud del castello e fù distrutta quasi completamente dagli attacchi navali nei secoli a seguire, nel 1840 fu inglobata nella costruzione del palazzo Boyl posto alle spalle del Bastione di Saint Remy.

Costruito alla fine dell' 800 il Bastione di Saint Remy è il grande balcone di Cagliari. Dotato di un'ampia scalinata, di una passeggiata coperta e della terrazza Umberto I, ed è il luogo ideale per ammirare l'intera città :  il Poetto, le saline e lo stupendo Golfo degli Angeli non potete assolutamente perdervi la meravigliosa vista notturna.


Dopo un lungo periodo, il Bastione. restaurato e ripulito è divenuto un'importante luogo di ritrovamento sociale. Un'altro luogo del quartiere merita una visita è la Cattedrale, il Duomo di Cagliari, storicamente importante, è stata autorizzata nel tempo sia come chiesa sia come sede per le assemblee civili; quelle degli Stamenti, una sorta di Parlamento Sardo. Fu costruita dai Pisani tra il 1217 e il 1258, anno in cui divenne Cattedrale.

Nel 1669 gli Spagnoli la ristrutturarono in stile Barocco. Ma solo un'ulteriore ristrutturazione, le conferì nel 700, l'attuale aspetto Romanico. Gli scorci più belli si possono apprezzare tra le strette vie, le scalinate e le piccole graziose piazzette, assieme a tanti terrazzi, che regalano agli occhi panorami suggestivi delle Capitale Sarda.

venerdì 25 settembre 2009

Villa Sant'Antonio. Il grande Menhir

Villa Sant'Antonio  è un piccolo villaggio dell'Alta Marmilla collocato al centro degli ampi spazi solitari che si stendono tra i comuni di Usellus, Asuni, Ruinas e Mogorella.

Sono scarse le notizie che si hanno riguardo allo stesso: una prima ipotesi riguarda l'origine legata al rinvenimento presso una sorgente, ai primi del Settecento, di una statua di Sant'Antonio Abate, da qui il primo nome: Sant'antonio de Funtana Coberta in seguito divenne per evitare omonimie, Sant'Antonio Ruinas.

Il  territorio è un vero e proprio patrimonio archeologico, ricco di monumenti prenuragici e nuragici; ce ne rendiamo conto quando raggiungiamo il menhir di Cuccuru Tundu, uno dei più grandi dell'isola, misura infatti 5,75 metri.

Per raggiungerlo si scende in una piccola valle, quindi si risale in un percorso di siepi incolte, col fondo roccioso segnato dai solchi lasciati dai carri.

Il grande monolito compare all'improvviso di fronte, dopo una decina di minuti di cammino: è un'unico pezzo di tufo trachitico rossastro, in forma di un tronco di cono molto allungato privo della punta; a differenza di altri monumenti simili non ha sui fianchi segni di seni, coppelle o altri simboli, ma la superficie liscia testimonia una lavorazione accurata, eseguita qualcosa come 5000 anni fa.

Accurata anche la scelta del luogo, un colle non alto ma dominante su una vasta area : verso sud si scorge il paese in primo piano e in lontananza la lunga linea orizzontale della suggestiva giara di Gesturi, poi tutt'intorno una serie di colline basse e arrotondata con qualche ciuffo d'alberi e qua e la spuntoni di roccia.

In questa posizione la grande pietra doveva servire non soltanto a rappresentare una divinità per noi misteriosa ma anche segnare, così visibile ed evidente com'è sia il sentiero,  che il villaggio di capanne, che silenziose e discrete si stendevano nelle vicinanze.

martedì 22 settembre 2009

Fordongianus : Le Terme e la Cripta del Martire

Oggi vi condurrò in un viaggio nello spazio e nel tempo al centro della Sardegna, dove si trova incastonata nella valle del Tirso, una delle località termali più importanti dell'età antica : Fordongianus.


Le terme edificate nel I secolo D. C. ed ampliate nel III secolo vennero abbandonate gradualmente dopo tre secoli di splendore e riscoperte solo recentemente.

Fu Tolomeo nel I secolo D. C. a parlare della prima volta del sito, citandolo con il nome di Acque Ypossitanae. Il nome cambiò in Forum Traiani sotto il dominio dell'imperatore Traiano.

All'inizio fu edificato il primo complesso termale a forma di enne dominato da una grande piscina  (Natatio)
attorno alla quale erano posizionate altre vasche secondarie.

Nel III secolo D. C. fu edificato un secondo complesso a forma di esse con i classici Frigidarium, Tepidarium e Calidarium e una scalinata che collegava i due complessi. Nell'area archeologica vi sono pozzi e cisterne adibiti all'imaganizzamento delle acque.

Le antiche terme furono scoperte dallo storico Giuseppe Manno nel 1825. Tra il 1899 e il 1902 furono effettuati i primi scavi.

Fordongianus è conosciuta come capitale della trachite, per via delle numerose cave che caratterizzano il suo territorio. Esempio edificante dell'utilizzo di questo materiale è la Casa Aragonese ubicata al centro del paese :  un'elegante abitazione seicentesca, costruita e decorata con la trachite rosa in stile gotico-catalano e preceduta da un ampio loggiato con colonne dello stesso materiale. Nel 1978 una parte della casa è stata adibita a museo.

In un'area vicina all'attuale centro abitato è stato rinvenuto l'anfiteatro, vicino alla necropoli tardo-antica, sulla quale fu edificata nell XI secolo la chiesa di San Lussorio, valoroso soldato dell'esercito romano, convertito al Cristianesimo dalla lettura dei Salmi e condannato per questo alla decapitazione.

Con la diffusione del Cristianesimo, divenne sede di una cattedra vescovile che fondava la sua forza spirituale sulla diffusione che aveva avuto il culto del martire Lussorio, divenuto patrono del paese.


Nel luogo del martirio venne costruita la tomba che si trasformò in cripta quando al di sopra venne costruita la Chiesa di San Lussorio, realizzata dai monaci Vittorini nella rossa trachite locale con un ingresso sormontato da un campanile a vela, sorge al centro di un'area cimiteriale di età paleocristiana e si ritiene ospiti in una cripta i resti del martire cui è dedicata, all'interno una botola che si apre presso il presbiterio immette in una scalinata che conduce al locale sotterraneo. E una delle costruzioni più antiche dell'arte paleocristiana in Sardegna.

domenica 20 settembre 2009

Tratalias. La Chiesa-sentinella

Rispetto alla concentrazione di attività economiche e di abitanti che unisce Sant'Antioco a Carbonia e Iglesias, con qualche miniera ancora aperta e le industrie di Portovesme, il piccolo centro di Tratalias se ne sta in disparte con le sue strade silenziose.

Il  periodo di maggior grandezza, questo piccolo paese l'ha avuto nel Medioevo quando la gente cercava lontano dal mare riparo dalle ripetute incursioni arabe. Col progressivo abbandono dell'antico centro di Sant'Antioco, iniziò ad ospitare la sede di quella diocesi; fu cosi che nel 1213, iniziarono i lavori per la costruzione di una cattedrale, che venne dedicata a Santa Maria.


Il monumento è ancora oggi ben conservato, grazie ai restauri della prima metà del secolo scorso, sorprende per le sue dimensioni e la sua bellezza anche il viaggiatore che lo sta cercando. Tutto in pietra trachitica dalle calde tonalità, si stende lungo la strada mostrando la lunga fiancata tagliata da lesene e conclusa verso l'alto con un duplice ordine di archetti.

Nella facciata la verticalità del portale, munito di lunetta e delimitato da lesene, si accorda con i bordi orizzontali che dividono la parte bassa da quella alta, mentre elementi di movimento vengono da due incavi a forma di losanga, da uno splendido rosone con l'apertura dentellata e da una scala in pietra, sporgente dal timpano.

Due leoni scolpiti nell'architrave dell'ingresso aperto sul fianco sinistro ricordano le due più grandi e famose statue di Sant'Antioco. L'interno è a tre navate. L'antica cattedrale viene aperta tutti i giorni per consentire il culto e la visita.

Guspini. Memorie d' Oriente


Il portale della chiesa di San Nicolò di Mira a Guspini (CA) conserva nelle nicchie laterali due teste in marmo di gentiluomini spagnoli; al di sopra di un magnifico rosone che racchiude un delicato traforo suddiviso in dodici spicchi, con motivi di origine araba.

Copisce il colore caldo della pietra, consunta qua e la dalle intemperie, dal giallo dorato al grigio verde. In alto un cornicione orizzontale, al di sopra del quale si levano elementi che fanno pensare a merlature a pettine, di matrice aragonese.

Il portale, è d'ispirazione vagamente islamica nei bordi e nell'arco superiore. Fu nel Seicento che due muratori o ( picapedres ) eressero la prima struttura, a croce latina, con copertura sostenuta da capriate in legno; in seguito furono costruite nuove cappelle e il tetto fu sostituito con volte a botte.

Negli anni che seguirono, vennero raccolti all'interno numerosi oggetti di pregio. Acquistato nel 1728, sono stati restaurati qualche anno fa, il tabernacolo in legno dorato, opera di un pittore cagliaritano del Seicento; il crocifisso in legno scolpito, restaurato da Angel Puxeddo nel 1634 e il crocifisso  in argento e oro in stile gotico-aragonese.

venerdì 18 settembre 2009

Domusnovas : le Grotte di San Giovanni


Nella prima metà dell' Ottocento, il generale Lamarmora, primo grande "descrittore" della Sardegna, si recò più di una volta a Domusnovas, attratto dall'interesse al Monte Marganai e soprattutto della Grotta di San Giovanni.

La grotta venne visitata anche da Carlo Alberto, non ancora re di Sardegna nel 1929, appena più in alto si trova una chiesetta  ottocentesca, anch'essa dedicata a San Giovanni, sulla destra la parete rocciosa del Monte Acqua, la grotta è lunga circa 800 metri e rimane l'unica in Italia percorribile in auto. Da un paio d'anni questo non è più possibile, in quanto la grotta è stata chiusa al traffico per preservarne la sicurezza.

Continuando si trovano numerosi complessi minerari - Barraxiutta, Sa Duchessa, Tiny, Arenas e altri - oggi abbandonati.

Ai due sbocchi, i resti di mura megalitiche, a dimostrare che le popolazioni nuragiche usavano la grande cavità come fortezza.

Sono scarse le tracce di stalattiti e stalagmiti ma si trovano delle vasche a forma di acquasantiera.

Può rappresentare una meta interessante per gli speleologi una diramazione laterale: Su Stampu ( "Il Buco") de Pireddu, che procede con varie diramazioni, una delle quali comunica con la Grotta Rolfo, una delle più belle della regione.

giovedì 17 settembre 2009

Macomer : le pietre Maschio e Femmina

La strada che da Macomer si dirige al monte Sant Antonio, meta di passeggiate e luoghi di culto, conduce anche ad alcuni monumenti nuragici, i Betili chiamati Pedras Marmuradas di Tamuli.


Sparse in un piccolo prato pianeggiante le Pedras, tutte di forma arrotondata troncoconica, ricavate da massi dai basalto che caratterizzano la regione, sono alte intorno al metro; un gruppo di tre hanno forma regolare, mentre altre tre portano ciascuna due sporgenze come abbozzi di seni femminili.


Le prime sono rappresentazioni della divinità maschile e le seconde di quella femminile.
L'archeologo Giovanni Lilliu ha osservato come queste sculture simboliche, che si legano al culto delle pietre durato per secoli nell'isola, si trovano spesso vicino alle tombe megalitiche : perlopiù in basalto col colore nero del masso naturale si sono voluti sintonizzare alla tenebra del sepolcro.

Ci si può soffermare sul numero e il sesso di queste della campagna Macomerese : qui infatti l'ideologia Betilica si fa più manifesta, in quanto le manifestazioni sono state moltiplicate per rendere più vigorosa ed efficace la forza manica degli spiriti che vi si credevano contenuti.

Questi monumenti sono sempre in numero dispari, si pensa per una valenza scaramantica, mentre la compresenza dell'elemento maschile e femminile uniti potrebbe pregare una maggior forza nel recuperare dalla morte a nuova vita i defunti sepolti nelle grandi Arche Megalitiche.

lunedì 14 settembre 2009

Presentazione Blog


Ciao a tutti, io sono Lucia, da oggi semplicemente Mamargot.


Con questo mio Blog, intendo occuparmi di tutto cio che riguarda la ricchezza del patrimonio storico della Sardegna, con un percorso, speriamo lungo, che permetta a tutti gli appassionati come me, un'esplorazione a 360 gradi, volta a cogliere gli aspetti architettonici, storici, culturali, mistici e religiosi, che rendono la nostra stupenda isola unica e inimibitabile.

Volevo fare una premessa che riguarda la nostra bellissima Sardegna. La scoperta dell'isola è iniziata nell'800 grazie ad opere di viaggiatori stranieri come Gaston, Vuillier e Alberto della Marmora e ad opera di studiosi locali come Giovanni Spano e Pasquale Tola. 

E' continuata in questo secolo grazie ad altri viaggiatori e ricercatori cui si sono aggiunti di recente gli operatori turistici. Si è venuto cosi consolidando l'elenco delle cose che è quasi d'obbligo vedere per farsi un'idea della nostra splendida isola : la Costa Smeralda e le rovine di Tharros, il Duomo di Sassari e Cala Luna, i Murales di Orgosolo e il nuraghe di Barumini.

Ma restano a volte nascosti,  a breve distanza dagli stessi luoghi, scorci di paesaggio, monumenti e rifugi naturali che possono essere comunque interessanti e godibili  e che anzi trascurati e dimenticati come sono,  rispondono meglio all'idea che molti si sono fatti della Sardegna come terra disabitata e delle grandi solitudini come narra mirabilmente una nota scrittrice sarda che a voi tutti consiglio di scoprire: Grazia Deledda, che con estremo sentimento si addentra in quella che è la nostra realtà spesso cruda, spesso romantica, nostalgica ma di una bellezza mozzafiato.





Chiesa Romanica di San Paolo (Milis - OR)