martedì 6 novembre 2012


Comune di Cabras - Piazza Eleonora d'Arborea,1 - 09072 Cabras (OR) - Tel. 0783.3971 - Fax 0783.391646

Le torri costiere

Al territorio di Cabras diversi autori attribuiscono cinque torri costiere, tre di queste sono ubicate direttamente sul litorale. Esse avevano il compito di sorvegliare le coste dalle frequenti incursioni dei "barbareschi", oltre a quella di impedire attracchi diimbarcazioni infette o sospette di contrabbando. Particolarmente importante era lasorveglianza in prossimità di tonnare e peschiere, come a Cabras, più volte colpita dagli attacchi dei corsari. La più grande e la più complessa è la torre spagnola di San Giovannidi Sinis che domina l'intera penisola di Capo San Marcoe sovrasta l'abitato di Tharros. É databile alla fine del Cinquecento ed ha subito un restauro fra il 1987 e il 1990. E come le altre, la torre era, infatti, accessibile, per ragioni di sicurezza, soltanto tramite una scaladi canapa retraibile. É di tipica forma troncoconica ed è alta fra i 6 e gli 8 metri. Ai primi del ´700, appariva in disarmo in quanto inutile e sostituita da quella di San Giovanni diSinis.
La torre del Sevo, volgarmente detta Turr'e Seu, oggi pertinente all'omonimo parco naturalistico, è del tipo piccolo e semplice, anch'essa di forma troncoconica. Continuò ad essere utilizzata fino alla dismissione dell'intero sistema di difesa costiero, avvenuta nel 1867.
Torre spagnola di San Giovanni © G. Lonis Veduta aerea di Seu © AMP


La chiesa di San Giovanni di Sinis
La bella chiesa di San Giovanni di Sinissi trova alla periferia dell'omonimo borgo di pescatori, dove più recentemente si è sviluppata anche l'edilizia turistica. Il monumento, di rustico e massiccio aspetto, ebbe origine in età paleocristiana, VI sec. d.C., quando fu eretto il corpo centrale cupolato; successivamente, IX- XI sec., assunse le forme attuali, con tre navate dalle massiccie volte a botte in cui l'uso della pietra arenaria locale, dal caldo colore, conferisce uno straordinario fascino; nella facciata, in parte alterata, si conservano le strutture in pietra a vista.
All'interno, oltre alle basse arcate che poggiano sui grossi pilastri, si trovano antichi altarini; la sua oscurità e la frescura dell'austero ambiente contrastano stupendamente (se vi si giunge d'estate) con il solare ambiente dell'esterno.
Chiesa di San Giovanni © AMP


L'ipogeo di San Salvatore
L'antico villaggio di San Salvatore, costruito tra il '600 e il '700, rappresenta uno dei più importanti villaggi di cumbessias (alloggi per pellegrini) della provincia. Il piccolo agglomerato fu costruito attorno alla omonima chiesa che, edificata nel XVII secolo sopra l'antico ipogeo, è tuttora officiata dai fedeli. Si tratta di un ambiente con copertura di tegole, sostenuto da un arco che delimita una piccola navata sulla destra.
Attraverso una botola, che si apre su una scala scavata nella viva roccia, si accede all'ipogeo di origine nuragica dedicato al culto pagano delle acque. Scavato nella roccia per tutta la parte inferiore, è superiormente formato da filari di mattoni e filari di blocchetti di arenaria e presenta nelle pareti numerose iscrizioni e pitture che vanno da quella paleocristiana fino al medioevo. Si possono ammirare delle raffigurazioni di divinità, tra cui è possibile riconoscere Ercole che abbatte il leone Nemeo, le navi, le scritte in arabo e in greco e l'immagine di Venere.
L'edificio non ha vaste dimensioni: circa dieci metri di lunghezza per altrettanti di larghezza; la pianta, composta da vari ambienti, è accentrata attorno a un pozzo sacro, dentro un atrio circolare, coperto da una cupola e aperto in alto al centro.
Il pozzo circolare, nel quale è posto un betilo di età nuragica, rappresenta ilpunto centrale del culto delle acque, che in nessun altra regione pare aver avuto una così grande importanza come nella religione primitiva della Sardegna.
Novenario di San Salvatore © G. Lonis Pitture parietali © G. Lonis Ipogeo di San Salvatore visto dall'ingresso © G. Lonis


Tharros

La città di Tharros sorge all’estremità meridionale della Penisola del Sinis, una regione che fin dal IV millennio a.C. appare interessata da fenomeni antropici importanti. La città venne fondata probabilmente alla fine dell’VIII secolo a.C. da genti fenicie in un’area già frequentata in età nuragica.
Della fase fenicia, di cui non si conosce l’abitato, rimangono poche testimonianze relative essenzialmente ad ambito funerario e votivo. Le tombe ad incinerazione di Capo S. Marco e dell’area di S. Giovanni di Siniserano note già dall’Ottocento, mentre i materiali più antichi del tophet, il tipico santuario fenicio-punico a cielo aperto con all’interno le urne contenenti i resti incinerati dei bambini e degli animali sacrificati e le stele, veri e propri signacoli in pietra con il simbolo o l’immagine della divinità, ci mostrano un santuario già attivo nel VII sec. a.C.
Nella seconda metà del VI secolo, momento di grandi cambiamenti non solo in Sardegna per il prevalere della politica espansionistica di Cartagine, Tharros non sfugge alla conquista da parte della città africana. A partire da questo momento si assiste alla monumentalizzazione della città, con la costruzione di numerosi edifici, tra cui il cosiddetto tempio monumentale o “delle semicolonne doriche”, e dell’imponente cinta fortificata che chiude la città da possibili attacchi da terra; il tophet, che viene ora compreso all’interno dello spazio fortificato, continua la sua attività; nell’area immediatamente ad ovest dello stesso, si impianta alla fine del V sec. a.C. un importante quartiere artigianale specializzato nella lavorazione del ferro.
Di età punica sono le tombe a camera scavate nel banco roccioso di Capo S. Marco e, più a nord, presso il villaggio moderno di S. Giovanni di Sinis. Queste, costituite da un vano d’accesso, per lo più provvisto di una gradinata, e da una camera sepolcrale molto semplice, ospitavano inumati, spesso deposti con ricchi corredi. Provengono proprio da queste tombe molti dei numerosissimi reperti che oggi si trovano custoditi presso i maggiori musei sardi, italiani e stranieri.

A partire dalla conquista romana della Sardegna (238 a.C.) si avvia quel processo di profondo cambiamento che avrà compimento solo in età imperiale.
Ad età repubblicana (II sec. a.C.) viene attribuita la risistemazione delle fortificazioni di Murru Mannu, con un rifascio in grossi massi in basalto e l’innalzamento di un muro di controscarpa, che va a delimitare un largo e profondo fossato. Quanto agli edifici di culto, particolare è il cosiddetto “tempietto K” (II secolo a.C.).
È tuttavia in età imperiale che la città subisce i maggiori mutamenti. Viene effettuata una imponente risistemazione urbanistica e attorno al II secolo d.C. le strade vengono dotate di una pavimentazione in basalto, con un sistema fognario molto articolato che garantisce lo smaltimento delle acque bianche. Vengono costruiti numerosi edifici pubblici monumentali, tra cui i tre impianti termali e una struttura definita dal suo scopritore “castellum aquae” per il possibile collegamento con l’acquedotto. Quanto alle aree funerarie, esse appaiono più ampie e più estese rispetto al periodo precedente; le necropoli puniche di Capo S. Marco e di S. Giovanni vengono ancora frequentate, soprattutto nei primi secoli della conquista romana, ma si assiste ad una espansione delle stesse, nel primo caso occupando tutto l’istmo, il versante occidentale dei colli di S. Giovanni e Murru Mannu, nel secondo spostandosi verso l’interno, con importanti attestazioni anche nell’area in cui nel V secolo d.C. sorgerà la chiesa di S. Giovanni.
In età paleocristiana e altomedievale i principali edifici romani, ed in particolare le terme, subiscono delle risistemazioni. Purtroppo il continuo spoglio delle strutture antiche, perpetuato per secoli, ha notevolmente pregiudicato la ricostruzione di questa fase tarda della storia di Tharros. Sappiamo di una lenta decadenza, dovuta anche alle incursioni dei Saraceni, e di un lento spopolamento, sebbene la sede episcopale sia rimasta ancora a lungo nella città.
È solo nell’XI secolo, precisamente nel 1071, che la sede episcopale viene trasferita ad Oristano, decretando, o meglio prendendo atto, della fine del centro antico.

Le ultime ricerche nella necropoli meridionale di Tharros
Dopo un intervallo di oltre un secolo, nel 2001 si sono avviate nuove indagini nella necropoli meridionale, celebre per aver restituito, nell’Ottocento, i famosi ori di Tharros.
L’area funeraria, utilizzata dalla comunità tharrense da epoca fenicia fino a quella romana, è costituita da strutture, scavate nella roccia, del semplice tipo a fossa o del più complesso tipo a camera ipogeica, preceduta da un corridoio gradinato. La missione di scavo, condotta dall’Università di Bolognae dalla Soprintendenza Archeologica, in collaborazione con l’Università di Cagliari, ha riportato alla luce ampi lembi dell’antica area funeraria che ha restituito, nonostante le note violazioni ottocentesche, importanti testimonianze dei ricchi corredi e dei rituali funerari, in particolare di età punica. Sono stati recuperati abbondanti materiali ceramici, talvolta integri, amuleti, gioielli e manufatti metallici di utilizzo rituale o di impiego pratico che, dopo un attento studio e restauro, verranno esposti al Museo Civico di Cabras.
L’area della necropoli, che continuerà a essere indagata negli anni a venire, verrà al più presto ripristinata e restituita alla fruizione dei visitatori.



Cuccuru Is Arrius

Il sito prenuragico di Cuccuru Is Arrius, scoperto durante gli scavi del canale scolmatore, è situato sulle sponde sud occidentali dello stagno di Cabras. Il sito è interessato da una necropoli e da diversi insediamenti del neolitico, del calcolitico, di età punica , da un tempio a pozzo nuragico cui era annessa un'area cultuale tardo-repubblicana ed infine da una necropoli romana-imperiale. Nel villaggio di Cuccuru Is Arrius si abitava in capanne seminterrate, fatte di pali ed erbe palustri, si praticava la caccia, si coltivavano il grano duro, l'orzo, le lenticchie e le fave. 
Si lavorava e commerciava l'ossidiana, si univano abilità e gusto nelle ceramiche, si fondevano senso artistico e fede religiosa nelle statuine della dea madre; protettrice dei vivi e dei morti. Il tempietto a pozzo c'è pervenuto inserito nell'ambito di un'area cultuale di età storica, le sue strutture furono riutilizzate nell'impianto di un nuovo edificio cultuale del III° - I° secolo a.C. al cui interno furono trovate cinque stele di arenaria. La necropoli romana si estende per circa 50 metri in lunghezza, la larghezza è di circa 10 metri, ma sicuramente in origine era più vasta. Nel sepolcreto sono state rinvenute 56 tombe la cui tipologia è quella delle necropoli romane povere. I corredi di accompagno, infatti, sono modesti e costituiti soprattutto da vasellame comune.


Le Collezioni Pulix e Sulis

Il 24 luglio 2010 è stata inaugurata al Museo Civico di Cabras l’esposizione di due collezioni di materiali archeologici che prendono il nome dai loro antichi proprietari.
La Collezione Pulix, acquistata dalla Regione Sardegna e affidata temporaneamente al Museo, si è formata tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento con materiali rinvenuti probabilmente nei territori di Suelli o Tonara. La raccolta, che conserva manufatti di notevole interesse nel quadro delle produzioni artigianali di età nuragica, in gran parte databili tra il Bronzo finale e la prima età del ferro, è composta, per la quasi totalità, da oggetti metallici. Tra i più significativi si ricordano numerose armi in bronzo (asce, spade, punta di lancia, pugnali, coltello, spilloni), oggetti d’ornamento (bracciali, fibule d’importazione, vaghi di collana), bottoni, frammenti di tripode di tipo cipriota, una navicella nuragica integra, figurine di animali, due recipienti in piombo, alcuni vasi ceramici. Nonostante l’assenza dei dati di provenienza, può ipotizzarsi che una parte dei reperti bronzei costituisse la riserva di un fonditore o parte di un ripostiglio finalizzato al reimpiego del metallo. Non si può escludere neanche che molti di questi fossero stati realizzati per un ambito votivo e cultuale e che in tale contesto facessero parte di un deposito di beni preziosi tra i quali erano presenti anche elementi esotici di importazione (tripode cipriota e fibule peninsulari).
La Collezione Sulis è costituita invece da quasi sessanta reperti, provenienti in gran parte dal Sinis e inquadrabili in un arco cronologico compreso tra la preistoria e la tarda antichità. I materiali, in parte editi negli anni Novanta, sono stati consegnati al Museo di Cabras dal Dott. Paolo Sulis di Oristano. Tra i materiali ceramici si ricordano un’olletta decorata neolitica, un’olletta nuragica, numerosi vasi anche dipinti di età punica, alcuni vasi a vernice nera, alcuni dei quali rinvenuti nella penisola italiana, numerosi esemplari di età romana sia di probabile produzione locale che di importazione. Si segnala inoltre un bruciaprofumi a testa femminile, del tipo di solito associato a culti femminili di età punica e romano-repubblicana. Tra i materiali non ceramici, compaiono alcuni oggetti romani in vetro, una moneta in argento coniata a Messina alla fine del V sec. a.C., due stele funerarie in arenaria, databili tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’età imperiale romana, quattro cinerari in arenaria di forma subcilindrica o parallelepipeda, ascrivibili a deposizioni di età tardo-repubblicana o primo imperiale. Nonostante l’assenza dei dati di contesto, la Collezione appare di grande interesse per la varietà e il numero dei reperti che risultano esemplificativi di diverse classi artigianali antiche.

MUSEO CIVICO DI CABRAS E AREA ARCHEOLOGICA DI THARROS

Dove si trova?

Museo - Via Tharros,  121 - 09072 - Tel. 0783.290636
Area Archeologica di Tharros c/o San Giovanni di Sinis - tel. 0783.370019

Orari

Periodo estivodalle 9.00alle 13.00
 dalle 16.00alle 20.00
 
Periodo invernaledalle 9.00alle 13.00
dalle 15.00alle 19.00

Il museo è gestito dalla Cooperativa Penisola del Sinis.

Il Museo

Il Museo, inaugurato il 28 dicembre 1997, è situato sul bordo dello Stagno di Cabras, alla periferia dell'abitato. Nelle sale del Museo è in esposizione un'ampia raccolta di materiali archeologici provenienti principalmente dagli scavi effettuati nel sito di Cuccuru Is Arrius, negli anni 1978-80, ed a Tharros, dagli anni '50 in poi. I materiali della sezione dedicata a Cuccuru Is Arrius documentano una sequenza insediamentale che dal Neolitico Medio giunge fino al periodo romano.

Della necropoli ipogeica di cultura Bonu Ighinu (Neolitico Medio) sono esposti materiali di corredo, tra cui diversi idoletti femminili di tipo volumetrico, ceramiche, elementi di collana, punte di zagaglia in osso e microliti geometrici in ossidiana. All'interno della stessa sezione ampio spazio è dedicato alle ceramiche e agli strumenti litici provenienti dai villaggi di cultura San Ciriaco (Neolitico Medio Superiore), San Michele di Ozieri (Neolitico Superiore) e sub-Ozieri (Eneolitico). Caratteristici della fase culturale Ozieri sono alcuni idoletti femminili e uno maschile in terracotta e in marmo. Dall'area del tempio a pozzo nuragico, riutilizzato in età romano-repubblicana come sede di un culto agrario, provengono delle statuine fittili femminili panneggiate e vari altri ex-voto. Completano la documentazione sull'insediamento i materiali di corredo della necropoli romano-imperiale (I-III sec. d.C.).

La sezione riservata a Tharros propone un quadro delle indagini archeologiche condotte nel sito dal secolo scorso in poi. Buona parte dell'esposizione è dedicata al tipico santuario fenicio-punico, il tophet, con un'ampia documentazione grafica e fotografica che ripercorre la storia dello scavo e ne illustra i caratteri. Le numerose urne fittili, in alcuni casi con ricca decorazione dipinta, e le relative coperture, offrono un'ampia esemplificazione della ceramica tipica del santuario tharrense. Le stele in arenaria, esposte nella sala centrale del Museo, ben rappresentano questa categoria artigianale con esemplari che sono tra i più caratteristici e noti di Tharros. Alcuni piccoli oggetti rinvenuti all'interno delle urne assieme ai resti incinerati dei fanciulli e degli animali, quali amuleti e altri elementi d'ornamento, ampliano la documentazione sul tophet.

Uno spazio non secondario è dedicato ai risultati delle più recenti campagne di scavo condotte nel vicino quartiere artigianale. Oltre ai materiali ceramici, ai frammenti di terrecotte e di vasetti in pasta vitrea, di particolare interesse sono le scorie di ferro, i boccolari, i frammenti delle pareti delle fornaci che testimoniano l'intensa attività metallurgica svoltasi in età punica nell'area. Alcuni pannelli didascalici mostrano i risultati delle indagini archeometriche condotte di recente su questi ultimi materiali. La città di Tharros romana e paleo-cristiana, illustrata in due grandi pannelli, è rappresentata essenzialmente da materiali ceramici e lapidei, tra cui alcune teste e frammenti architettonici in marmo, recuperati con gli scavi degli anni '50. Da segnalare poi un miliario in arenaria rinvenuto più recentemente nelle campagne di Cabras.

Una sezione del Museo è dedicata alle specie botaniche più caratteristiche dell'ambiente del Sinis, di cui viene data ampia documentazione descrittiva e fotografica.

Nell'atrio del Museo, infine, trovano spazio delle mostre temporanee dedicate agli aspetti archeologici e storici del territorio.

La "Sagra della Bottarga"
Ad agostoCabras dedica alla bottarga di muggine una sagra che offre l'opportunità di degustarla con le molteplici portate di antipasti, primi e secondi piatti. La "Sagra della Bottarga", manifestazione che valorizza la cultura, la storia e gli aspetti gastronomici di questo prelibato alimento costituito da uova di muggine lavorate in modo da divenire un vero e proprio "caviale" del Mediterraneo. In occasione della Sagra l'amministrazione comunale organizza stands per la degustazione e la venditapromozionale dibottarga distribuendo inoltre un interessante fascicolo in cui sono presentate numerose ricettecon l'impiego della bottarga. Le uova di questo muggine (cefalo volpino) vengono lavorate ricoprendole dapprima con sale e successivamente pressate ed esposte all'aria in modo naturale per la stagionatura. Il risultato è una tavoletta dal colore ambrato, morbida dalgusto intenso e delicato che può essere consumata a crudo affettata nell'olio d'oliva; ottimo il suo impiego grattugiata su una svariata serie di antipasti e primi piatti e impareggiabile se consumata spalmata su pane abbrustolito con aggiunta di burro.
Sagra del pesce © AMP


CHIESA DI SANTA MARIA VERGINE ASSUNTA

Alla fine del XV secolo il paese di Cabras incrementò il numero dei suoi abitanti, di conseguenza fu necessario edificare una nuova Parrocchia rispondente alle esigenze sempre più numerose della comunità. I ruderi del Castello degli Arborea, edificato da questi sulla riva orientale dello stagno di Mar'e Pontis (le cui tracce erano visibili dietro la Chiesa di Santa Maria fino a qualche anno fa), vennero opportunamente, sebbene barbaramente, restaurati e utilizzati per la costruzione della chiesa dedicata a Santa Maria. Ancora oggi si crede, infatti, che Eleonora d'Arborea avesse dedicato alla Madonna la Cappella del Castello, in nome della sua grande devozione per la Vergine, come dimostrano le frequenti invocazioni presenti nel codice della Carta de Logu.
La Chiesa sorgerebbe dove una volta erano ubicati i grandi magazzini del Castello: infatti, nel corso degli scavi fatti eseguire dal Pievano Dott. Eugenio Sanna, nell'aprile del 1908, per gettare le fondamenta della nuova facciata, alla profondità di 3 metri, distanti 5 metri l’uno dall'altro, furono rinvenuti alcuni orci molto grandi, allineati e ripieni di terra.
L'edificio, in origine, aveva una sola navata con travature di legno e tegole. Intorno al 1650 venne costruita la volta a botte e - quasi un secolo dopo - il Marchese d'Arcaiscostruì il Coro, le due cappelle più grandi, dette ”del Rosario” e di “Sant’ Anna”, innalzò una cupola di 25 metri d'altezza e attribuì alla navata unica la perfetta e caratteristica forma a croce latina.
  


Cabras

Affacciata sulla riva orientale dello Stagno di Mar'e Pontis o di Cabras, sulla costa centro occidentale della Sardegna, con un patrimonio naturalistico ed archeologico di eccezionale valore posto all'interno di una delle aree umide più importanti d'Europa, Cabras, con circa 9000 abitanti, è il principale centro della Penisola del Sinis, ed uno dei più importanti della provincia di Oristano.

Cabras
Situato in un territorio in cui i primi insediamenti umani risalgono alla preistoria, il paese di Cabrasnasce in epoca romana prevalentemente come stazione di posta (Mansio de Capras) all'incrocio delle strade che congiungono i centri di Tharros, Othoca e Cornus, pressappoco nell'area in cui al giorno d'oggi sorge la chiesa dello Spirito Santo.
Ad avvalorare questa ipotesi si può ricordare il ritrovamento a Cabras, nel corso di alcuni lavori che interessarono la chiesa dello Spirito Santo ai primi del '900, di un cippo – in seguito trafugato – sul quale era riportata l'iscrizione in latino volgare “HINC EST MASONE DE CAPRAS”.
Durante il periodo bizantino l'abitato di Cabras si sviluppa attorno ad una imponente fortezza costruita sulle rive dello stagno, che poi verra' trasformata in castello dai Giudici di Arborea, e del quale si vedono ancora oggi alcuni muri che emergono dalle acque dietro la chiesa di Santa Maria.
Del paese attuale, menzionato nei documenti anche come “Villa de Capras”, troviamo le prime testimonianze scritte poco dopo l'anno 1000, quando, in seguito all'abbandono dell'antica capitale Tharros – divenuta ormai insicura a causa delle frequenti incursioni dei pirati saraceni – ed al trasferimento della corte giudicale nella nella nuova città di Oristano, Cabras crebbe e venne a svolgere il ruolo di capitale estiva del Giudicato d'Arborea. Il pescosissimo Stagno doveva costituire anche allora una notevole fonte di ricchezza, se il Re – Giudice Torbeno, nel 1102, tra le rendite delle “ville” del Regno accordò alla madre Nibata proprio quelle della Villa de Capras.
Per tutto il medioevo il castello di Cabras fu la residenza estiva dei Giudici di Arborea, e importanti documenti furono da essi sottoscritti nella cittadina lagunare, dove ricevevano gli ambasciatori, i notai e anche le alte personalità genovesi nel periodo di alleanza con la repubblica ligure. Per tutto il medioevo Cabras segue, così, le sorti del regno di Arborea, e, secondo la tradizione, pare che proprio nel castello di Cabras sia stata firmata la Carta de Logu del Regno di Arborea.
Legata in tale maniera alla corona d'Arborea, Cabras non potè non condividerne le sorti e si ritrovò coinvolta nel contrasto tra il Giudicato di Arborea, che tentava di unificare la Sardegna sotto un unica corona, ed il cosiddetto Regno di Sardegna e di Corsica (1297- 1323), costuito dai Catalano-Aragonesi per volere del Papa Bonifacio VIII. Masone de Capras era presente anche alla Corona de Logu che stabilì la breve pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni I d'Aragona.
Invaso il Giudicato nel 1409, gli Aragonesi lo ridussero in Marchesato, e Cabras, con tutto il Campidano Maggiore fu infeudata al Marchese Leonardo Cubello.
Abolito nel 1479 il marchesato, Cabras godette, durante i secoli successivi, di una relativa prosperità, interrotta saltuariamente dalle incursioni dei pirati sulle coste del Sinis, a causa delle quali la cittadina fu esentata per un lungo periodo dal pagamento dei tributi al Regno Sardo-Spagnolo. A tale periodo vengono fatte risalire le origini della particolare “processione” di San Salvatore, che ricorda la messa in salvo del simulacro di Cristo Salvatore nel corso di una incursione saracena.
Nel 1637 furono i Francesi a causare disordini, allorchè il Conte di Harcourt, dopo aver fatto una puntata, suCabras attaccò Oristano. Dopo tre giorni di permanenza nella città, l'esercito francese ripiegò verso il mare seguendo il fiume Tirso, dove fu sbaragliato in un imboscata da una milizia popolare composta in maggioranza da cabraresi. Nella Cattedrale di Oristano sono custoditi gli stendardi abbandonati dai Francesi durante la fuga, mentre alcune famiglie di Cabras conservano ancora oggi come trofei spade e armi strappate agli invasori. Nel XVIII secolo Cabras seguì le sorti del resto dell'Isola e nel 1720 ebbe inizio la dominazione sabauda. Ultima città d'Italia ad essere infeudata, la cittadina lagunare si riscattò dal marchesato della famiglia Arcais-Grixoni solo nel 1836-39, allorchè Carlo Alberto di Savoia abolì il regime feudale instaurato in Sardegna nel periodo aragonese, che Cabras era per secoli riuscita ad evitare tramite il pagamento di un periodico riscatto alle casse del Regno.
Centro agricolo di grande importanza, Cabras deve la sua ricchezza anche alla pescosità del mare e soprattutto degli stagni che la circondano e ne caratterizzano il territorio e la vita, e che ne hanno plasmato nei secoli la storia e le tradizioni.
Al giorno d'oggi, malauguratamente demoliti nei primi anni del '900 il castello giudicale e la casa madre della famiglia Arcais – al cui posto è stata edificata la scuola elementare di via Cesare Battisti – e molto alterato il centro storico del paese, rimangono da visitare la chiesa di Santa Maria Assunta, costruita sui resti del castello, col suo pregevole altare in stile tardobarocco, la chiesetta dello Spirito Santo di origine medioevale, il monumento ai caduti attributo a Francesco Ciusa nella piazza Azuni, le antiche croci viarie di Sa Ruga de Su Pilloni (via De Castro) e di Sa Ruga de Is Paras (via Puccini), il museo civico e alcune caratteristiche case padronali in stile campidanese sopravissute fino a noi. Di particolare interesse sono anche i bei portali di Don Peppi e Donna Annetta, fra i più importanti esempi di architettura rurale in tutta la provincia. Tra i due, entrambi costruiti inarenaria del Sinis, il più monumentale è sicuramente quello di Donna Annetta, la cui apertura ad arco è affiancata da colonnine che poggiano due plinti sobriamente decorati con motivi tradizionali sardi, oggi parzialmente abrasi.
Poco distante dalla chiesa di Santa Maria si apre, infine, la vasta la Piazza Stagno, che costituisce la tradizionale “piazza della festa” della cittadina di Cabras. L'ampio piazzale, aperto sullo stagno e sulle lagune circostanti, è dominato da due caratteristici depositi per l'acqua costruiti nel primo novecento, mentre è stato demolito alcuni decenni fa un bel lavatoio pubblico utilizzato fino agli anni '50. L'ampio piazzale merita una visita anche per il suggestivo panorama dello stagno di Mar'e Pontis e dell'intero Sinis.

COME RAGGIUNGERLO

Dalla S.S.131 prendere il bivio per Tramatza e seguire i cartelli per Tharros.
CONSORZIO TURISTICO
"SARDEGNA COSTA DEL SINIS"
SOCIETA' COOPERATIVA
VIA THARROS SNC - 09072 CABRAS (OR)
P.IVA/C.F. 01158370955

lunedì 2 aprile 2012

Il Popolo del mare................

Aree archeologiche

 
info
Carbonia, area archeologica di Monte SiraiCarbonia, area archeologica di Monte Sirai
Con il termine "area archeologica" si indica un sito caratterizzato da presenze archeologiche significative, organizzato sia ai fini della conservazione dei beni monumentali in esso contenuti sia per garantire la fruizione delle risorse naturali e culturali nel territorio.

Si tratta, dunque, di zone ad elevato interesse archeologico, attrezzate per lo studio e per il turismo culturale. In Sardegna, vero e proprio "museo a cielo aperto", sono ormai numerose le aree che rispondono a questa definizione: i complessi nuragici di Su Nuraxi di Barumini, Genna Maria di Villanovaforru, Arrubiu di Orroli, Santa Vittoria di Serri, Santu Antine di Torralba, Santa Cristina di Paulilatino, le città fenicio-puniche di Nora, Tharros, Sant'Antioco, i monumenti romani, bizantini e giudicali di Cagliari e Porto Torres, gli scavi di Sant'Eulalia a Cagliari, rappresentano solo alcuni esempi, fra i tanti e più significativi, presenti nell'isola.

Mamoiada, menhir di Boeli - Sa Perda Pintà

La stele di Boeli, detta anche Sa Perda Pintà, è una grossa statua-menhir di granito (alt. 2,67;largh. 2,10-1,30; spess. 0,57) con sezione piano-convessa e sommità arcuata. Le superfici maggiori sono entrambe ben rifinite. Quella anteriore si caratterizza per la presenza di una fitta decorazione incisa: si tratta di motivi formati da un minimo di due ad un massimo di sette cerchi concentrici - ottenuti con incisioni a sezione concavo-convessa e piano-convessa - che si sviluppano attorno ad una coppella centrale (diam. cm 4/5; prof. cm 0,8). Da quest'ultima ha inizio un'incisione rettilinea che taglia tutti i cerchi terminando in un'appendice uncinata. Completano la decorazione 23 coppelle di diverse dimensioni che si addensano nella parte superiore e nel settore inferiore sinistro della lastra: in quest'ultima parte sono scavate sette coppelle con disposizione a semicerchio regolare intorno a uno dei motivi a cerchi concentrici intersecati da incisione rettilinea. I simboli sono, con buona probabilità, da collegare con i culti legati alla fertilità e al ciclo della morte-rinascita, peculiari della religiosità delle comunità agricole di età neolitica. La presenza, nell'area circostante al luogo di rinvenimento della statua, di frammenti ceramici con la decorazione tipica della cultura di Ozieri (3200-1800 a.C.), consente di datare la stele a questo periodo. 

Storia degli scavi
La stele fu rinvenuta casualmente nel 1997 a Mamoiada, nel corso dei lavori di costruzione di una casa. 
Torre dei Corsari, località turistica situata nel comune di Arbus, si trova nella splendidaCosta Verde, nella costa sud occidentale della Sardegna. Il villaggio di Torre dei Corsari si è sviluppato turisticamente negli ultimi anni e deve il suo nome alla torre di Flumentorgiu, costruita dagli spagnoli nel XVII secolo per avere un punto di avvistamento per il controllo delle incursioni dei pirati saraceni. Dal promontorio di Torre dei Corsari è possibile osservare un paesaggio dal fascino straordinario. A Sud si trova una bellissima baia protetta da alte falesie calcaree. Verso Nord il panorama è totalmente differente: si può godere di una vista che arriva fino al promontorio di Punta S'Aschivoni e oltre verso la stupenda spiaggia di Is Arenas 'e S'Acqua e S'Ollastru caratterizzata dalla presenza di maestose dune di sabbia. La spiaggia di Torre dei Corsari, bagnato da un mare di colore verde-turchese, si propone con un fondo di sabbia color ocra cinta da alte dune, simili a quelle di Piscinas, ma con una vegetazione molto più diradata e di natura cespugliosa, che donano un aspetto più spoglio e arido al paesaggio. La spiaggia si sviluppa per circa 1,5 km. Il colore bianchissimo e dorato della sabbia contrasta nettamente con il paesaggio adiacente, dove risaltano il verde della macchia mediterranea che riveste le colline dell'entroterra. Torre dei Corsari è molto rinomata per gli amanti del surf e windsurf per via delle sue condizioni climatiche caratterizzate dai forti venti di maestrale.Da qui è possibile vedere il borgo e la spiaggia di Pistis, le cui dune circostanti ospitano la Casa del poeta: un gigantesco ginepro secolare, trasformato da due coniugi di Guspini in un casa i cui piccoli vani sono ricavati dal contorto e sinuoso intrecciarsi dei rami. In questa bellissima costa crescono i ginepri, il rosmarino, il cisto e il lentischio, e i loro profumi inebrianti si fondono con il profumo di mare infondendo un senso di armonia e di libertà. ............

venerdì 30 marzo 2012

Da ammirare col fiato sospeso...........Santa Caterina, XVI secolo

Monumenti

 
info
Sassari, Santa Caterina, XVI secoloSassari, Santa Caterina, XVI secolo
La Sardegna ha una straordinaria concentrazione di monumenti archeologici e storico-artistici, distribuiti in tutto il territorio, in contesti sia rurali sia cittadini.

La tipologia varia a seconda dei periodi storici. Nell'età prenuragica si segnalano casi unici come il grandioso tempio-altare di Monte d'Accoddi; le tombe a circolo e le grotticelle funerarie dette "domus de janas" (letteralmente: case delle fate, della tradizione popolare); i monumenti megalitici come i dolmen e i menhir, che testimoniano forme culturali comuni all'Europa preistorica.

L'ingresso della Sardegna nell'età nuragica segna la comparsa di nuovi tipi edilizi, come protonuraghi, e soprattutto il monumento-simbolo: il nuraghe, talvolta circondato dal villaggio. Ai nuraghi si aggiungono templi, santuari e strutture funerarie come le tombe di giganti.
La frequentazione delle coste sarde da parte dei Fenici, e la colonizzazione punica poi, determineranno la nascita dei centri urbani e conseguentemente nuove tipologie monumentali, come i tofet (cimiteri per la sepoltura dei fanciulli).

La conquista romana introduce anche in Sardegna nuove tipologie di edifici, che rappresentano la tipica espressione del potere di Roma, la cui cultura potrebbe essere legittimamente definita globalizzante "ante litteram". I principali centri dell'isola romanizzata, soprattutto le grandi città costiere di Cagliari, Nora, Sant'Antioco, Tharros e Porto Torres, comprendono terme, acquedotti, ponti, teatri e anfiteatri.

La crisi dell'impero e la cristianizzazione determinano anche in Sardegna l'introduzione di nuove tipologie architettoniche: le prime chiese cristiane, le chiese bizantine a pianta cruciforme cupolata. Dal tessuto storico di cultura bizantina si passa, superata la soglia del Mille, ai nuovi assetti della Sardegna giudicale, con la grandiosa fioritura delle chiese romaniche.
A queste si sostituiranno o si accompagneranno, nei secoli, quelle gotico-italiane, gotico-catalane, manieriste, barocche e tardobarocche, neoclassiche, fino alle architettura del dopoguerra.
In parallelo si assiste alla costruzione di castelli, case e palazzi dell'aristocrazia laica ed ecclesiastica.

Sempre nel campo dell'architettura civile si annoverano strutture militari come le torri costiere, finalizzate alla difesa dell'isola dalle incursioni barbaresche.
L'età compresa fra l'Unità d'Italia e la ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale è caratterizzata dall'allineamento sempre più marcato dell'architettura isolana alle tendenze internazionali, con risultati che vanno dagli edifici storicismi del primo Novecento a quelli razionalisti del regime fascista, alle realizzazioni di alcuni dei più significativi architetti contemporanei.

Dal lontano passato.....il silenzio, il mare, la storia..........

Cabras, Area archeologica di Tharros

Strutture murarie di età romana
Strutture murarie di età romana
Posti sul promontorio di Capo San Marco i resti della città punico-romana di Tharros si trovano immersi in un ambiente rimasto ancora molto suggestivo.
Quello che è visibile della città si riferisce principalmente alla sua fase romana imperiale, ma rimangono anche monumenti della precedente epoca punica, di rilevantissimo interesse.
Tra questi spicca il sistema delle fortificazioni settentrionali, composte da due alti paramenti murari in grandi pietre lavorate, che compongono un ampio fossato, accessibile dal lato dell'abitato mediante postierle, una delle quali, scavata, in ottimo stato di conservazione dalla base sino alla copertura a lastre poste a doppio spiovente.
L'aspetto principalmente caratterizzante la città è dato, sul colle meridionale, dalle lunghe strade che portano in discesa sino al centro vero e proprio, distinguendo isolati, ancora solo parzialmente scavati, ma in cui si percepiscono edifici monumentali, come le grandi terme poste proprio al limite con la zona pianeggiante.
In questa spicca il "tempio delle semicolonne", di età punica. Ricavato nella roccia naturale, è costituito da un alto podio gradonato, il cui perimetro, perfettamente lisciato, è ornato da semicolonne scolpite a basso rilievo.
Il settore urbano adiacente al mare in questa zona è interessato da edifici pubblici, come le Terme di Convento Vecchio, in buono stato di conservazione, che conservano gli ambienti originari, con le vasche per l'immersione. Le strade, lastricate con basalto nero, al cui centro scorrono le fognature, distinguono isolati di abitazioni di cui rimane ben conservato l'elevato. Salendo il pendio del colle che porta alla torre spagnola di San Giovanni si incontra una piccola struttura templare di epoca tardo punica, il "tempio delle iscrizioni", ancora relativamente in ottimo stato.