sabato 28 novembre 2009

Nella miniera abbandonata

Gurturgiu è una delle tante parole che possono apparire strane agli orecchi dei turisti. Ma è proprio dal nome di questo avvoltoio grifone ormai estinto ( un tempo popolava i cieli sopra l'Arcuentu, vicino ad Arbus) che ne deriva un'altro: Ingurtosu.

Ingurtosu è una piccola frazione di Arbus, un tempo sede, insieme a Montevecchio, delle più importanti miniere sarde, dalle quali si estraevano piombo, zinco e argento. Dell'intensa attività di questo luogo, oggi rimane solo il villaggio fantasma, un deserto di edifici diroccati di una bellezza sconfinata.

La miniera venne aperta nella seconda meta dell'800 e conobbe un periodo di forte espansione agli inizi del secolo successivo. La crisi del 1943,e il conseguente licenziamento di molti operai, fu un colpo decisivo per l'esistenza della struttura che riprese l'attività nel dopoguerra, continuò a sopravvivere fino al 1968, quando venne definitivamente abbandonata.

La zona più interessante da visitare è certamente quella delle miniere. Uno degli edifici più belli è certamente il palazzo della Direzione, detto anche castello. Costruito con massi di granito in un periodo di ben 10 anni, intorno al 1870 richiese l'impiego dei piu esperti scalpellini dell'arburese.

Il palazzo ospitava l'antica sede dirigenziale che conteneva gli uffici amministrativi e tecnici della miniera. Grazie alla sua posizione strategica, questa struttura consentiva ai dirigenti di osservare dall'alto il procedere dei lavori più sotto, nella zona della miniera. Circa 30 anni dopo si cominciò a costruire su spinta di Papa Pio X, che offrì un contributo in denaro, la chiesa di Santa Barbara che venne inaugurata nel 1916 e che deve il suo nome alla Santa protettrice dei minatori.

Nel 1900 fu costruito nei pressi della laveria, il pozzo Lambert,chiamato così in onore del Cavalier Angelo Lambert, membro della società. Poco più vecchi sono il pozzo Turbina, il pozzo Casargiu, il pozzo Giordano e il pozzo Edoardo.

Vicino al pozzo Turbina fu scavato nel 1924  per raggiungere profondità maggiori il pozzo Gal, oggi recuperato dal comune di Arbus che nel cantiere ha allestito un museo multimediale e un punto ristoro. I magazzini della spiaggia di Piscinas sono invece stati restaurati da un privato per divenire un albergo a basso impatto ambientale.


Non esiste descrizione in grado di rendere la bellezza di quel che resta di Ingurtosu. La prima volta che ho visto l'antico villaggio abbandonato (per caso) ero alla ricerca del deserto di Piscinas, dove un mare cristallino sembra sfidare il tempo opponendo resistenza a quello che fu un tempo, luogo di vita vissuta, di duro lavoro e di vita quotidiana. Oggi quel luogo è stato decretato monumento straordinario, per questa strana materia, affascinante come poche altre discipline di nuova concezione, che prende il nome di Archeologia Industriale.

lunedì 23 novembre 2009

Tra sacro e profano

Un tempo l'isoletta della "Sella del Diavolo" che si trova nel golfo di Cagliari, non esisteva ancora. C'era solo una bellissima spiaggia di dune, ed un mare meraviglioso. Avvenne che l'esercito dei confratelli dei Diavoli guidati da Zuri, uno de Sosfrades, decidesse di vendicarsi di Eusuprimusonendi, distruggendo la terra che aveva dato ad Issu e alla sua compagna Issa per l'esilio.


Questi demoni si stabilirono in quel bellissimo golfo da dove cominciarono a soggiogare i figli degli uomini. In poco tempo una cappa di mestizie cadde fra le popolazioni della terra. Ma Gabrieli, l'arcangelo Gabriele, visto ciò che stava accadendo alle creature di Eu, decise che sarebbe sceso a combattere le orde del male.

Così radunò un potente esercito di Angeli e cominciò una battaglia che infiammò i cieli e la terra dell'isola a forma di sandalo. Fu una battaglia epica, cavalli e cavalieri si sfidarono nei cieli illuminando la notte. Ad un certo punto Zuri si ritrovò addosso a Gabrieli. Fu una sfida che lasciò senza fiato ogni creatura. Erano due frades, due fratelli, avevano cantato insieme il canto a concordu e Zuri che era stato il solista ne era stato cacciato. Ed ora i due si sfidavano.

Le loro spade scintillarono, i loro cavalli nitrirono selvaggi...poi avenne che Zuri, il vanitoso, si specchiò nella lama scintillante di Gabrieli e si trovò bello. Quell'attimo però, gli fu fatale, perchè fu colpito senza pietà.

Cadde Zuri disarcionato dal suo cavallo, che perse la sua sella precipitata in mare. Le orde di Zuri furono sconfitte e Zuri non tornò mai più nella terra a forma di sandalo, dichiarata divina dall'angelo. Quella sella fu consegnata agli uomini dell'isola come simbolo della vittoria dei guerrieri di Eu su quelli di Zuri, ed è ancora lì a simboleggiare la grande vittoria del bene sul male.

Il martirio di Sant'Efisio


Nei pressi dell'antica Nora, si trova la chiesa dedicata al Santo protettore della città di CagliariEfisio. Consacrata nell undicesimo secolo ogni anno ai primi di maggio è meta di una lunghissima processione di fedeli.La tradizionale sagra di Sant'Efisio trae le sue origini da un'antica pestilenza che, nel 1652, dimezzò la popolazione cagliaritana. 

Gli abitanti di Cagliari, mossi dalla disperazione per le perdite consistenti, fecero un voto al Santo Efisio di Elia, martire decapitato nella città di Nora intorno al trecento, per essersi rifiutato di rinnegare la propria fede Cristiana.


La leggenda narra che Efisio, ufficiale romano e capo dell esercito di Diocleziano fu mandato in Sardegna proprio per reprimere il cristianesimo, ma convertitosi in seguito ad una visione divenne egli stesso da persecutore a perseguitato. Fu condannato a morte, incarcerato e quindi decapitato nella spiaggia di Nora.


La chiesa di Nora,che venne costruita in suo onore, è oggi coperta dalle acque del mare. I cittadini cagliaritani si rivolsero quindi al loro santo affinchè intercedesse per la fine della terribile epidemia,e fecero voto di portare in processione, ogni anno, il suo simulacro.
Quando la peste cessò dopo quattro anni, nella primavera del 1656, i superstiti pensarono che fosse per merito del Santo e tennero fede alla loro promessa. Cosi il rito si è ripetuto nel tempo fino ai giorni nostri. 



Come altri casi anche questa manifestazione da evento sacro, si è estesa a grande festa di costume.Il percorso parte dalla chiesa di Sant'Efisio di Cagliari, l'antico luogo in cui il Santo trascorse la prigionia, per giungere all'omonima chiesa di Nora, dove ha avuto luogo il martirio. Il viaggio dura quattro giorni, durante i quali si può ammirare una passerella di  tradizioni isolane : i carri trainati da buoi, i gruppi con l abito folkloristico che intonano canti e preghiere sarde, gli scalzi pescatori di Cabras.


Si parte il primo di Maggio, il Santo viene portato fuori a mezzogiorno, trainato da buoi maestosi. Una volta raggiunto il municipio riceve il saluto delle sirene delle navi, dopodichè è pronto per il lungo viaggio. Nel percorso fino a Nora si toccano diversi paesi, tra i quali : SarrochVilla San PietroPula, ognuno dei quali fa la sua parte ospitando  una piccola ''sagra nella sagra''. Si arriva all'ultima tappa il quattro Maggio, quando per il Santo è giunta l'ora di rientrare nella dimora che lo ospiterà per i successivi 361 giorni. La sagra di Sant'Efisio non è una semplice festa ma un arcobaleno di tradizioni Sarde

sabato 21 novembre 2009

Mater Mediterranea

Ora vorrei invitarvi a visitare il museo archeologico nazionale di Cagliari, tra i più importanti dell'isola. Dal 1993 è situato nella cittadella dei musei, in piazza arsenale, qui infatti sono conservati reperti che vanno dalla preistoria al primo medioevo, passando per la tarda epoca romana.


Possiede un'importante sezione riservata al neolitico medio. Oggi vi parlerò della più bella dea madre che sia mai stata ritrovata in sardegna : quella di Senorbì, un piccolo idolo del periodo prenuragico che rappresenta la più importante divinità femminile. 


Detta anche mater mediterranea, in quanto venerata da altri popoli che si affacciano sulle coste di questo mare da sempre trafficato, fu portata alla luce, dall'aratro di un contadino, tra le terre di Selegas e Senorbì.

Nascosta da un grosso masso di arenaria, era nascosta a circa un metro di profondità. Fu abbandonata su un muretto a secco che circondava la casa e il cortile del contadino, fu Massimo Coraddu, medico del paese che passando da quelle parti notò l'oggetto, e capendone il valore se lo fece consegnare.

Venne dato in mano ad esperti in materia di archeologia, i quali lo catalogarono come uno dei pezzi di maggior pregio archeologico tra quelli di area mediterranea. Quella di Senorbì, con i suoi quarantaquattro centimetri di lunghezza e i diciotto di larghezza, è la dea madre di dimensioni maggiori e meglio rifinita tra tutte quelle che sono state ritrovate fino ad oggi.

Figura femminile stilizzata, completamente nuda e dai grossi seni, si considera parte di una collezione di analoghe statuette di marmo rinvenute in area mediterranea e prodotte , si pensa, tra il terzo e il secondo secolo avanti Cristo.

Originaria delle isole Cicladi, che con il loro centro dell'isola di Creta rappresentavano una delle civiltà più sviluppate del Mediterraneo protostorico. La Dea Madre di Senorbì è la testimonianza tangibile dei rapporti che la Sardegna intratteneva, già dall'epoca, con altri popoli della zona.

Accantonando le questioni storiche, la mater Mediterranea di Senorbì è davvero incantevole a vedersi; come è giusto che appaia una madre.

mercoledì 4 novembre 2009

Nostra Signora di Bonaria


In una normalissima giornata di primavera, una nave mercantile si preparava a partire dal porto di Mahon, nell'isola di Minorca, in Spagna. Era diretta a Napoli. Era il 19 marzo e suo viaggio era adombrato solamente dalla possibilità di un'incontro con i temibili pirati barbareschi.

Arrivati in vista dalla costa orientale sarda, il cielo però, cominciò ad annuvolarsi, si avvicinava una tempesta : il mare cominciò ad agitarsi, aprendosi improvvisamente. Bisognava liberarsi dal carico o sarebbero andati a picco. Le preziose merci stipate nella stiva, vennero gettate in bocca alla tempesta che non sembrava dare tregua. La nave rischiava seriamente di affondare. In poco tempo tutte le casse vennero gettate in mare.

Mentre gli oggetti affondavano, sospinti negli abissi dal proprio peso, una cassa, galleggiando, si mosse quasi fosse spinta da una misteriosa corrente verso il golfo degli Angeli, in fondo al quale troneggiava la bellissima Caller. In quel momento la tempesta cessò con la stessa rapidità col quale era cominciata.

Fu allora che il capitano si inginocchiò, imitato dai suoi marinai segnandosi con il crocifisso. In coro innalzarono preghiere verso la Vergine Maria. Intanto la cassa proseguiva la sua misteriosa rotta e giunse a Caller la mattina del 25 marzo del 1370, nella spiaggietta di Bonaria (che oggi non esiste più poichè al suo posto è stato realizzando un porticciolo turistico).


Sopra una dolce colline adiacente, c'era un convento, regalato all'ordine dei padri Mercedari, fratti della Madonna della Mercede, dall'Infante Aragone, al tempo dell'assedio di Cagliari. Così avvenne che la mattina del 25 marzo, come risulta dal processo canonico istituito a Cagliari nel 1592, per iniziativa degli stessi padri Mercedari e del vescovo di Cagliari, una grande cassa miracolosamente illesa, si avvicinava alla riva navigando veloce, quasi avesse una vela invisibile che la guidava.

Gli sguardi silenziosi degli uomini la seguirono fino a quando si fermò a contatto con la sabbia. Qualcuno trovò una roncola e ci battè sopra, ma la cassa non si apriva e neppure veniva scalfita da quei colpi. Delle persone un'pò spaventate corsero a chiamare i padri Mercedari, che arrivarono subito senza capire cosa fosse successo. Quando arrivarono, i poveri si fecero da parte per far passare il superiore, il quale si fece consegnare la roncola e facilmente aprì la cassa. Con sua grande meraviglia potè vedere che dentro, sdraiata, c'era una meravigliosa statua di gesso di Maria, madre del Cristo.

Si fece il segno della croce inginocchiandosi : era un dono del cielo, anzi del mare. Il simulacro trovato nella spiaggia di Bonaria fu trasportato nella chiesa del convento e messa in una cappella minore, nell'attesa di capire il senso di questo segno nel cielo. La mattina dopo quando i padri si recarono a fare le lodi, si accorsero che la statua della Madonna di Bonaria era stata messa su un piedistallo accanto all'altare maggiore, mentre la statua di Nostra Signora della Mercede, che stava lì era stata spostata nella nicchia dell'altare minore.

La Madonna di Bonaria fu risistemata nell'altare minore e Nostra Signora della Mercede al suo posto. L'indomani mattina la Madonna di Bonaria era nuovamente al fianco dell'altare maggiore. Era quella la spiegazione del sogno. In poco tempo la Madonna di Bonaria diventò la patrona dei Cagliaritani e dei marinai di tutto il mondo, i quali se navigavano nelle acque del mar di Sardegna o dovevano intraprendere un pericoloso viaggio passavano a salutare la Vergine di Bonaria, chiedendole la grazia di un viaggio fortunato.


Quando Pedro Mendoza, nel 1537, scese dalla sua imbarcazione sul Rio della Plata dopo un lungo e tormentato viaggio nell'Atlantico, si ricordò della Vergine di Bonaria che gli aveva protetti più volte, e poichè era devoto a quella Madonna, festeggiata anche a Valencia, decise di dedicare a lei la città che doveva fondare. In questo modo nacque Buenos Aires dal nome della Madonna di Cagliari.