lunedì 25 gennaio 2010

San Saturnino di Calaris V-VI sec. d.C 1089-1119 Giudicato di Cagliari, Cagliari (CA)

                        



La basilica venne eretta nel luogo dove si estendeva la necropoli paleocristiana del colle di Bonaria, sulla tomba del martire cagliaritano Saturnino, nominato nel più antico documento in lingua sardo-campidanese, scritto in caratteri greci entro la metà del 1089. La chiesa viene citata per la prima volta nella Vita di Fulgenzio vescovo di Ruspe in Africa, scritta nel 533-534 dal diacono Ferrando. Fulgenzio fu esiliato in Sardegna, assieme ad altri vescovi, dal re vandalo Trasamondo; si fermò a Cagliari dal  al 515 e poi dal 519 fino al suo rientro in patria nel 523. Fondò il nuovo monastero che fu un attivo centro di cultura. Nello scriptorium venne redatto il manoscritto cosidetto di Sant'Ilario basilicano databile al 507-510, oggi conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Sulla originaria forma della chiesa esistono diverse opinioni tra gli studiosi; la più seguita ritiene che verso la metà del V secolo d.C venisse costruite a forma di croce, con bracci mononavati, sul modello del santuario di San Babila ad Antiochia (379 d.C). Il corpo centrale quadrato posto all'incrocio della navata col transetto, costituito da quattro massicci pilastri con colonne in marmo rosso, era coperto da cupola, la navata est terminava con abside quadrata. Dell'edificio rimane la parte centrale e il braccio est. Nei primi decenni del VI secolo, forse per iniziativa del vescovo Fulgenzio, si progettò di dividere tutti i bracci della croce in tre navate. I lavori di costruzione furono ripresi soltando quando nel 1089 il giudice di Cagliari Costantino-Salusio II de Lacon Gunale donò il monastero ai monaci dell'abbazia di San Vittore di Marsiglia in Francia. La donazione comprendeva altre sotto chiese, tra cui le principali sedi di culto dei martri nel giudicato di Cagliari, meta di importanti pellegrinaggi; il Sant'Antioco di Sulcis e il Sant'Efisio di NoraNel 1119 la chiesa fu riconsacrata, il monastero divenne la sede del priorato in Sardegna. Le maestranze provenzali che portarono a termine la costruzione in forme romaniche, introdussero nuovi elementi costruttivi e ornamentali, utilizzarono la pietra calcare di Bonaria e molti materiali (capitelli, colonne, decorazioni) di edifici di epoca tardoromana. Venne mantenuto il corpo cupolato e ricostruiti i quattro bracci della croce, a quello rivolto a est  venne aggiunta l'abside semicircolare che internamente è decorata da una fascia di trachide scura. La navata centrale ha volta a botte attraversata da archi doubleaux, le navatelle laterali, a tre navate divise da colonne, hanno volte a crociera. I muri esterni sono coronati da archetti pensili a tutti sesto su mensole scalettate. Oculi permettono alla luce di rischiarare l'interno della chiesa. Nel muro interno del braccio ovest è scolpita a bassorilievo una croce greca e sotto due attrezzi da lavoro dei costruttori: la punta e lo scalpello piatto. La facciata è stata in gran parte ricostruita, ma doveva anche in origine essere divisa in tre portali come quella dell'abbazia di San Vittore a Marsiglia. La parte alta della cupola venne ricostruita: il raccordo tra la cupola e il corpo quadrato alla base è costituito da scuffie a mezza voltina a crociera con mensole di marmo bianco a foglie d'acanto, recuperate dalla chiesa del VI secolo, altre invece vennero scolpite con croci, grappoli d'uva. figure di cavalieri.Tomba del santo, nel Santuario dei Martiri Nella cupola si impiegarono gli stessi materiali presenti nell'abside; la pietra di Bonaria e la trachite scura, adoperata per l'iscrizione in lingua latina alla base della volta. Intervallata da piccole croci greche, uguali a quella scolpita insieme agli attrezzi da lavoro degli scalpellini, l'iscrizione dice: PERFICE USD(EU)S QUI INCOASTI QUE IN FINE(M), che possiamo tradurre: OH SIGNORE TU CHE HAI COMINCIATO PORTA A TERMINE FINO ALLA FINE. Si è pensato che l'iscrizione potesse riferirsi all'interruzione dei lavori di costruzione della chiesa, dovn Africa. Due scrittori del 1600, padre Jorge Aleo e Dionigi Bonfant accennano nelle loro opere alla cupola. L'Aleo dice che l'iscrizione era a mosaico, il Bonfant che vi era raffigurato il Cristo Benedicente. Nel Medioevo la forma quadrata alludeva alla terra, la forma circolare delle cupole e delle absidi alludeva al cielo e per questo vi veniva raffigurato, in mosaico o dipinto, il Cristo Pantocratore, cioè onnipotente, creatore del cielo e della terra, l'inizio e la fine di ogni cosa, colui che porta a compimento ciò che ha iniziato. L'immagine del Cristo Pantocratore si legava, quindi, bene alle parole dell'iscrizione, non solo perchè la cupola concludeva la cotruzione ma perchè rappresentava il cielo che innalzava la terra , cioè il quadrato alla base della cupola. La basilica fu gravemente danneggiata durante la guerra tra i Pisani e gli Aragonesi, che si concluse con la resa dei Pisani nel 1324. Nel 1363 il re Pietro IV d'Aragona diede il santuario all'ordine dei Cavalieri di San Giorgio da Alfama, i quali però non ne presero mai possesso. Il monastero venne lasciato rovinare, mentre la chiesa fu riparata attorno al 1484. Tra il 1614 e il 1622 vennero effettuate dall'arcivescovo Francisco Desquivel, scavi archeologici in tutta l'area, nella ricerca dei corpi di santi martiri, le cui reliquie vennero trasferite nella cattedrale di Cagliari. 

2 commenti:

  1. grazie per avermi aiutato a capire tante cose.....

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  2. grazie per avermi aiutato a capire tante cose!

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